mercoledì 28 novembre 2007

Appello al Presidente della Repubblica

COMITATO STUDI CITTADINANZA ITALO - ERITREI ናይ ሓናፍጽ መሰል ኣቦነት ንምርግጋጽ ዘጽንዕ ጉጂለ c/o Cattedrale B.V. del Rosario - Asmara - Eritrea - P. O. Box 1263 Tel. 002911/552501 – (cell.) 002917-123129 - E-mail: [prode_40@yahoo.it] - Fax 002911/552501 ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA On. le Giorgio NAPOLITANO AL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI On. le Massimo D’ALEMA P. le della Farnesina N. 1 ROMA AL VICE MINISTRO PER GLI ITALIANI NEL MONDO On. le Franco DANIELI P. LE DELLA FARNESINA 1 ROMA AL SINDACO DEL COMUNE DI ROMA On. le WALTER VELTRONI Piazza del Campidoglio 1 ROMA ALL’AMBASCIATORE D’ITALIA IN ERITREA Sua Eccellenza Ambasciatore GAETANO MARTINEZ TAGLIAVIA ASMARA - Eritrea c. p. c. : Comune di Roma, Ufficio Cottadinanza Barone Amedeo Guillet Lista Amici Italo-Eritrea [italo-eritrea@yahoogroups.com] ASPER [www.asper-eritrea.com] Agenzia Habesha [agenzia_habeshia@yahoo.it] Maitacli [maitacli@maitacli.it] ANRRA [ANRRA@libero.it] Giulia Barrera [giuliabarrera@tiscali.it] Asmara, 24 Novembre 2007 Prot. CC/003/07 Signor Presidente, Le invio questo appello prendendo lo spunto dal 10° anniversario da quello che il Comitato cittadinanza Italo – Eritrei, che ha la sede presso la Cattedrale cattolica di Asmara, presentò al suo predecessore On. Oscar Luigi Scalfaro nell’occasione della visita di Stato all’Eritrea (vedi allegato n. 1). Un anniversario che a noi, richiedenti per diritto la cittadinanza italiana, significa solo delusione, in quanto il Governo Italiano non ha fatto nulla per sanare in radice una situazione di ingiustizia subita, perciò non voluta e tanto meno procurata. Purtroppo è così! Anche i nostri appelli presentati alle varie personalità politiche in visita all’Eritrea: il Ministro per gli Italiani all’estero Mirko Tremaglia e Gianfranco Fini; e quelli inviati ai vari Ministeri in Italia, non sono andati oltre alle belle parole e a promesse mai mantenute, tanto che le nostre istanze sono ancora ferme al Comune di Roma, dopo essere state rigettate dalla Procura di Roma. Signor Presidente, è un nostro sacrosanto diritto ottenere quello che ci spetta ed è un dovere imprescindibile per il Governo Italiano trovare una giusta soluzione a questa grave mancanza; perciò chiedo a Lei la volontà di trovarvi una soluzione. Si tratta di un caso di enorme portata morale ed umana che porterebbe rimedio, anche se tardivo, a torti causati dalla legislazione razziale di allora, subiti da molti figli, frutto dell’unione di soldati italiani con donne eritree, durante la lunga presenza coloniale Italiana in Eritrea. Le leggi, all’epoca in vigore, ed altri fattori contingenti, impedivano agli italiani di riconoscere i loro figli naturali e si può immaginare con quali conseguenze per questi ultimi in una società patriarcale come quella Eritrea. All’epoca le “Norme relative ai meticci” (L.13 maggio 1940 n. 822) proibirono esplicitamente al padre italiano di riconoscere il proprio figlio meticcio (art.3) oltre a disporre altri odiosi provvedimenti discriminatori. I figli non riconosciuti di padre italiano, si sono trovati nella situazione, del tutto inedita in Eritrea, di non avere un nome paterno da affiancare al proprio. Situazione nuova, perché la normativa locale prevede che la madre può, con dichiarazione giurata, individuare il padre del proprio figlio. Da questa dichiarazione inappellabile della madre, derivano all’uomo tutti gli onori e oneri della paternità. Quindi in Eritrea prima dell’arrivo degli italiani, non esistevano figli di padre ignoto. Il figlio non riconosciuto è stato dunque sempre immediatamente identificabile, e portare il nome della madre anziché quello del padre, ha equivalso ad un marchio d’infamia. In Eritrea, l’identità della persona è fondata sull’appartenenza al lignaggio paterno: i bambini vengono educati secondo la religione e le tradizioni paterne, e parlano la lingua del padre (infatti gli Italo-Eritrei parlano sempre l’italiano a volte meglio della stessa lingua locale). Nel 1997 nacque, presso la Cattedrale della B.V. del Rosario di Asmara, un Comitato Cittadinanza Italo-eritrei, il quale, prendendo occasione della visita all’Eritrea dell’allora Presidente della Repubblica On. Oscar Luigi Scalfaro, presentò domanda per un suo personale intervento alla soluzione dell’annoso problema degli Italo-Eritrei. Il medesimo Comitato, incoraggiato dalle promesse del Presidente e dalla partecipazione fattiva dell’Ambasciata d’Italia in Asmara e all’entrata in vigore della Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato (L.218/1995), diede via al processo di riconoscimento degli Italo-Eritrei, presso l’Alta Corte di Asmara. Vennero così ottenute le sentenze di riconoscimento giudiziale di paternità emesse dall’Alta Corte di Asmara e conseguentemente gli stessi soggetti maggiorenni, resero presso l’Ambasciata italiana la dichiarazione di acquisto della cittadinanza italiana, così come previsto dall’art. 2 n.2 della legge 5.2.1992 n. 91. La stessa autorità consolare, che ha peraltro emesso l’accertamento positivo della sussistenza dei requisiti in merito alla dichiarazione resa dagli interessati (art.16 DPR 572|93), inoltrava le sentenze e gli atti di cittadinanza ai vari Comuni italiani, richiedendone la trascrizione nei registri di stato civile in applicazione di quanto disposto dalla legge 31 maggio 1995, n. 218, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato. Non tutti i Comuni hanno potuto aderire alla richiesta di trascrizione, in particolare il Comune di Roma, il quale prima di effettuare la trascrizione delle sentenze di riconoscimento giudiziale di paternità pronunciate dall’Alta Corte di Asmara, ha preventivamente chiesto parere alla Procura locale, in merito appunto alla possibilità di procedere alla registrazione nei registri di stato civile. La Procura di Roma si esprimeva negativamente osservando che nelle sentenze in questione non apparivano rispettate le condizioni richieste dagli artt. 64 e 65 dalla legge 218/1995, ribadendo peraltro la facoltà da parte egli interessati a rivolgersi per il ricorso alla Corte d’Appello italiana (art.67 L.218/1995). Tale parere venne successivamente confermato dal Ministero dell’Interno, ormai competente in materia (art. 9 DPR 396/2000). Si tiene a precisare che tale procedura risulta non percorribile per molti degli interessati, in considerazione del fatto che questi risiedono in Eritrea e che versano in precarie condizioni economiche. A seguito dei pareri espressi, i riconoscimenti giudiziali di paternità nonché le dichiarazioni di cittadinanza, si sono definitivamente arenati nel Comune di Roma. Voglio ricordare che dietro a queste pratiche ci sono altrettante famiglie, con la medesima storia di un doloroso passato, che hanno seguito la stessa procedura, ma evidentemente risultano più fortunate, in quanto le loro pratiche sono state inviate ad altri Comuni italiani, i quali hanno provveduto alle trascrizioni e, quindi, i “favoriti dalla sorte”, hanno ottenuto il pieno riconoscimento della cittadinanza italiana a decorrere dal giorno successivo alla dichiarazione resa presso l’autorità italiana. Non riusciamo a comprendere questa disparità di trattamento e diversità di procedura tra Comune e Comune, nonché il parere espresso dalla Procura di Roma che sembra non conforme alla legge 31 maggio 1995, n. 218. Le trascrizioni delle sentenze sono state richieste dall’Ambasciata d’Italia in Asmara in conformità alla succitata legge n. 218, (Riforma il sistema italiano di diritto internazionale privato), che ha innovato il sistema, seguito dal codice di procedura civile previgente in tema di efficacia nella Repubblica italiana, delle sentenze straniere e dei provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione. Quindi vorrei qui di seguito elencare alcune riflessioni legislative che ritengo sia opportuno tenere in considerazione: · Con la riforma, è stato introdotto il principio del riconoscimento in Italia delle sentenze e dei provvedimenti stranieri, senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento. La legge, pertanto, non specifica se, in materia di stato civile e nei casi in cui le sentenze e di provvedimenti stranieri devono essere trascritti, iscritti o annotati in pubblici registri occorra o meno l’accertamento giudiziale dei requisiti richiesti dalla citata legge per il riconoscimento. · Peraltro l’art. 33 della legge 218 nel disciplinare la filiazione, considera preminente la tutela della posizione del figlio nel contesto della legge nazionale, che è quindi quella che regola principalmente i rapporti in questione. · L’art. 35 della medesima legge regola le condizioni per il riconoscimento del figlio naturale. La legge regolatrice è designata ricorrendo a più criteri alternativi: la legge nazionale del figlio al momento del riconoscimento o, se più favorevole, la legge nazionale di chi fa il riconoscimento nel moment in cui questo avviene (comma 1). La forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello Stato in cui esso è fatto o da quella che ne disciplina la sostanza (comma 3). · Il terzo comma dell’art. 35, che regola la forma del riconoscimento, prevede, come legge applicabile, l’alternativa tra la legge dello Stato in cui esso è fatto e quella che ne disciplina la sostanza (la legge nazionale del figlio, oppure quella dell’autore del riconoscimento). · Se il citato art. 35 nulla afferma circa la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, è evidente che la disciplina di questa dovrà espirarsi, in via analogica, a quella prevista dalla legge per il riconoscimento del figlio naturale, fondata sul principio del ”favor filiationis”. · Pertanto si ritiene che le dichiarazioni giudiziali di paternità pronunciate dall’Alta Corte di Asmara sono da considerarsi forme di riconoscimento regolate dalla legge applicabile in questo caso, che è la legge dello Stato in cui il riconoscimento è fatto. Esse pertanto, dovrebbero essere riconosciute in Italia senza che sia necessario un controllo giudiziale in ordine all’accertamento dei requisiti. Signor Presidente, nei nostri volti sono inconfondibilmente stampati i lineamenti dei nostri italianissimi padri. Allora perché ci viene negato, proprio dall’Italia, ciò che per la legge eritrea il diritto al riconoscimento dei paternità è estremamente pacifico? Oggi, con questa mia, a nome dei figli di Italiani, che per troppo tempo furono colpevolmente dimenticati da chi ne aveva il sacrosanto dovere, mi permetto di chiedere di dare un esito positivo al legittimo diritto di quanti sono nati da sangue italiano e si appellano alla volontà politica per avere pari trattamento a quello ottenuto dai “favoriti dalla sorte” che hanno conseguito con la regolare registrazione nei Comuni italiani il pieno riconoscimento della cittadinanza italiana. Alle luce di quanto sopra Le chiediamo un intervento personale presso la Divisione Cittadinanza del Ministero dell’Interno, per il riconoscimento al diritto di cittadinanza ai figli di Italiani. Chiediamo giustizia, e soluzione alla situazione anomala dei figli di Italiani, ormai stanchi di portare il pesante fardello di essere chiamati “figli di nessuno”. Firmato Padre Protasio Delfini Presidente Comitato cittadinanza ____________________________________ All. n. 1: Appello all’On. Oscar Luigi Scalfaro All. n.: Lista (da perfezionare) degli Italo-eritrei richiedenti la cittadinanza.

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