venerdì 28 novembre 2008

Uno sforzo comune per i rifugiati

L'arcivescovo Marchetto annuncia un nuovo documento Colonia, 27. "L'assistenza da prestare ai rifugiati deve includere i bisogni tanto materiali che spirituali del singolo, e ciò conferma l'opportunità della natura pastorale del documento che il nostro dicastero dovrebbe licenziare il prossimo anno". L'annuncio di un nuovo testo dedicato ai rifugiati, che il Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti sta preparando, è stato dato dal segretario del dicastero vaticano, l'arcivescovo Agostino Marchetto, intervenuto all'assemblea della Commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale tedesca, in corso di svolgimento oggi e domani a Colonia. Monsignor Marchetto ha inoltre anticipato che altri documenti (come quelli sulla pastorale degli zingari e dell'apostolato della strada) saranno presentati nel loro insieme, con altri atti, alle Conferenze episcopali. Come avvenuto in passato con il documento Chiesa e mobilità umana. Nel suo discorso, intitolato "Visione sul Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti e sue prospettive per il futuro", il presule ha spiegato quali saranno le linee principali del nuovo documento. Dopo aver presentato le competenze del proprio dicastero e illustrato una visione d'insieme dell'istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti), pubblicata il 3 maggio 2004, Marchetto ha parlato della missione della Chiesa verso i rifugiati, soffermandosi sulle solide radici sui cui si fonda e sulle sfide che l'attendono. "I rifugiati sono sempre presenti al cuore della Chiesa - ha detto -. Limitandoci al non lontano passato, nella sua lettera enciclica Pacem in terris, Papa Giovanni xxiii affermò che "i profughi politici sono persone; e che a loro vanno riconosciuti tutti i diritti inerenti alla persona". E da allora la Chiesa cattolica non ha smesso di rivolgere appelli in loro favore alla comunità internazionale e di invocare a tal fine la solidarietà e la collaborazione di tutti i cristiani e di tutte le persone di buona volontà. In effetti, nel 1981, pochi anni dopo l'inizio del suo pontificato, Giovanni Paolo ii asserì che quanto la Chiesa compie a favore dei rifugiati forma parte integrale della sua missione. Proprio come ogni persona per crescere e svilupparsi ha bisogno di una famiglia - ha precisato l'arcivescovo - ciò è vero anche per i rifugiati. Per tale ragione la Chiesa ha sempre invocato la riunificazione delle famiglie separate dalla fuga di uno dei propri membri. Perciò nel suo Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2007, Papa Benedetto XVI ha messo sotto gli occhi di tutti la situazione dolorosa delle famiglie dei rifugiati". Nella dottrina sociale della Chiesa che guida il suo impegno per i rifugiati, i profughi e le persone soggette al traffico di esseri umani - ha affermato il segretario - la dignità della persona riveste un ruolo centrale, che si fonda sulla convinzione che siamo tutti creati a immagine di Dio: "Ognuno è prezioso, le persone sono più importanti delle cose e il valore di ogni istituzione si misura sul modo in cui tratta la vita e la dignità dell'essere umano". Secondo Marchetto, da ciò si può dedurre che "se una persona non gode di una vita realizzata umanamente, nel proprio Paese, ha il diritto, in determinate circostanze, di andare altrove. Ogni essere umano" in effetti "ha un valore essenziale e inestimabile, una dignità che non va in alcun modo minacciata". La Chiesa è consapevole della gravità della situazione dei rifugiati e delle condizioni inumane in cui vivono e ritiene che tale grave problema - ha sottolineato l'arcivescovo - "possa essere risolto solo mediante un sincero sforzo di azione concordata a livello internazionale". È la stessa istruzione Erga migrantes caritas Christi a precisare in che cosa consista l'accoglienza ai migranti e ai rifugiati: "Certo è utile e corretto distinguere riguardo all'accoglienza - vi si legge - i concetti di assistenza in genere (o prima accoglienza, piuttosto limitata nel tempo), di accoglienza vera e propria (che riguarda piuttosto progetti a più largo termine) e di integrazione (obiettivo del lungo periodo, da perseguire costantemente e nel giusto senso della parola). Gli operatori pastorali che possiedono una specifica competenza in mediazioni culturali - operatori di cui anche le nostre comunità cattoliche devono assicurarsi il servizio - sono chiamati ad aiutare nel coniugare l'esigenza legittima di ordine, legalità e sicurezza sociale con la vocazione cristiana all'accoglienza e alla carità in concreto". I "nuovi itinerari pastorali all'alba del terzo millennio", come li chiama l'arcivescovo Marchetto, devono passare necessariamente attraverso l'accoglienza ecclesiale e l'eventuale integrazione nella Chiesa locale, adeguate strutture pastorali, la collaborazione tra Chiese locali, la formazione degli agenti pastorali, il coinvolgimento dei laici, la cooperazione ecumenica e interreligiosa. "Speranza, coraggio, amore e creatività: ecco cosa bisogna offrire a queste persone per consentire loro di rifarsi una vita - ha detto monsignor Marchetto -. La priorità va data a uno sforzo comune volto a fornire loro un preciso sostegno morale e spirituale e la comunità cristiana locale può in questo essere di grande aiuto. Ma soprattutto vanno affrontate le cause di fondo che costringono le persone a fuggire".

venerdì 21 novembre 2008

MAI UNA PAGINA COSI’ BRUTTA ERA STATA SCRITTA A CASERTA!

Operazione spettacolare delle forze dell’ordine contro i migranti ed i rifugiati all’American Palace di Castel Volturno. 90 fermi: richiedenti asilo e lavoratori senza documenti. Deportazione nei C.I.E. Nessuna traccia di armi e Droga. Forse hanno sbagliato palazzo! Alba amara all’“American Palace”, il condominio abitato da migranti, richiedenti asilo e rifugiati situato al KM 34.00 della strada statale Domitiana di Castel Volturno. Operazione spettacolare delle forze dell’ordine realizzata in due tappe. Due le irruzioni effettuate alle 5.00 dalla polizia ed alle 11.00 dai Carabinieri. che hanno perquisito gli appartamenti, sfasciato vetri e porte distruggendo insieme agli oggetti qualsiasi speranza di poter costruire un dialogo con i cittadini di Castel Volturno e con le Istituzioni. Ma veniamo alla ricostruzione dei fatti: intorno alle 5.00 il condominio è stato circondato da circa 200 uomini della polizia con a seguito le unità cinofile, camion di pompieri, almeno 70 volanti della polizia. Gli appartamenti sono stati perquisiti e tutti i residenti dell’American Palace sono stati portati al Commissariato dei Carabinieri di Mondragone ed alla Scuola di Polizia di Caserta. 90 in tutto le persone fermate. Mentre alcune sono ancora alla stazione dei Carabineri di Mondragone, almeno due di loro pur essendo richiedenti asilo e pur avendo stamattina un appuntamento in questura per il rilascio del permesso di soggiorno non sono ancora state rilasciate nonostante l’intervento di un avvocato. Zongo, titolare di un permesso di soggiorno per protezione umanitaria rilasciato intorno alle 13.00, ci mostra i verbali rilasciatigli. Nel primo si legge che bisognava procedere ai rilievi foto-dattiloscopici in quanto “lo stesso forniva generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti indizi per ritenere la falsità, (la copia del suo permesso di soggiorno!) pertanto veniva accompagnato..omissis… per essere foto segnalato”. Nel secondo verbale di perquisizione rilasciatogli si legge che le operazioni in corso sono dovute alla repressione dei delitti di tipo mafioso e connessi allo spaccio di droga e che “a seguito di attività investigativa, si ha fondato motivo per ritenere che negli alloggi dell’edificio si potrebbero occultare armi, munizioni o esplosivi, nonché…..” 4 latitanti di cui 2 kenioti (mai visto circolare un Keniota a Castel Volturno!) che dalle testimonianze da noi raccolte nessuno dei residenti conosce. Per una intera giornata queste persone sono state trattenute senza capirne il motivo. L’esito delle perquisizioni è negativo. Di armi e droga neanche l’ombra. Altri immigrati giunti a casa nel pomeriggio denunceranno la sparizione di denaro e documenti. Due gruppi sono stati trasferiti al Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria (Roma) ed altri in quello di Bari. Contemporaneamente lungo il tratto della Domitiana che va dal Centro Fernandes fino al bar Scalzone (poco dopo il condominio dove è avvenuta la retata) i migranti in attesa degli autobus di linea per recarsi al lavoro venivano presi dalle forze dell’ordine, su ambo i lati della strada e caricati sui cellulari. 8 le persone tratte in arresto perché avevano una precedente espulsione. Erano come tutti i fermati di questa operazione costata alle tasche dei contribuenti più di 100.000 €. Ma alle istituzioni non importa dare protezione a chi è sfruttato! Questa operazione spettacolare che ha mostrato i muscoli con i più deboli distrugge tutto ciò che faticosamente si stava tentando di fare: unire le forze di tutti contro la camorra. La comunità dei migranti e dei rifugiati già provata dall’eccidio della camorra di 6 cittadini africani è sconvolta e sta pianificando una manifestazione a Castel Volturno. Noi per conto nostro appoggeremo ogni manifestazione che si programmerà, denunceremo a mezzo interrogazioni parlamentari e utilizzando le vie giudiziarie per i vari soprusi perpetrati dalle forze dell’ordine. CENTRO SOCIALE EX-CANAPIFICIO – MOVIMENTO MIGRANTI E RIFUGIATI CASERTA Per contatti: 0823216332 – 3334752396 – 3334713272 – csaexcanapificio@libero.it

giovedì 20 novembre 2008

Immigrazione, giro di vite Ue: lotta più dura ai clandestini

Via libera dell’Europarlamento a stragrande maggioranza alla «blue card», il permesso d’ingresso nei Paesi Ue senza vincoli temporali stringenti per laureati e specializzati. Uno dei puntelli del Patto europeo per l’immigrazione e l’asilo, lanciato nel giugno scorso da Nicolas Sarkozy come priorità del semestre francese di presidenza dell’Unione. Così, dopo la direttiva sui rimpatri, che attende il varo in alcuni dei 27 Paesi dell’Unione (in Italia è già preventivato nella Bossi-Fini), si è passati al secondo pilastro della nuova politica comunitaria senza troppi problemi, visto che anche l’estrema sinistra, favorevole ad una completa apertura delle porte, si è astenuta. Comincia insomma a prender forma concreta la linea che i francesi hanno chiesto di adottare a giugno e che si è poi saldata con il voto dei capi di Stato e di governo a Bruxelles dello scorso ottobre. L’intesa, suffragata anche da un apposito vertice dei ministri degli Interni dei 27, prevede un inasprimento della lotta all’immigrazione clandestina e anche un giro di vite sulle richieste abusive di diritto d’asilo. Cinque - secondo quanto si leggeva a suo tempo nelle indicazioni fornite dall’Eliseo - i principali impegni presi dai 27 Stati dell’Unione europea. Innanzitutto organizzare l’immigrazione legale tenendo conto del fabbisogno e della capacità di accoglienza di ogni Stato membro (e in questo quadro andava inserito il varo della «blue card» approvato ieri dall’Europarlamento). In seconda battuta, rafforzare la lotta contro l’immigrazione clandestina assicurando il ritorno ai loro Paesi d’origine o verso Paesi di transito degli stranieri in situazione irregolare, mentre una loro regolarizzazione sarà presa in considerazione solo per motivi umanitari, con una valutazione caso per caso, senza più dunque nessuna sanatoria. Terzo, rafforzare l’efficacia dei controlli alle frontiere e del pattugliamento delle acque, questione ancora aperta con alcuni Paesi africani. Quarto, elaborare una procedura d’asilo comune, garantendo protezione ai rifugiati politici, ma rafforzando i controlli sulle richieste abusive. Infine, creare un sistema di partenariato tra i Paesi dell’Ue e quelli di origine degli immigrati. In attesa che tutte le norme siano definite e poi applicate dai soci Ue, a questo punto la «carta blu» diviene concreta e ogni Paese potrà definire quanto aprire le porte e a chi. E in proposito è dell’altro giorno una presa di posizione del ministro italiano del Welfare Maurizio Sacconi, secondo cui il governo intende disporre «un numero limitato di ingressi soltanto per coloro che presentano un contratto di collaborazione familiare, con particolare riguardo alla cura delle persone non autosufficienti oltre, ovviamente, agli infermieri, alle alte professionalità e ai lavoratori stagionali nell’agricoltura e nel turismo». Niente da fare invece, secondo il ministro, per i lavoratori destinati alla produzione industriale o alle costruzioni. AMC

L'Eritrea Oggi!

giovedì 13 novembre 2008

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO

ALL'INCONTRO CON I "NUOVI CITTADINI" Palazzo del Quirinale, 13 novembre 2008 Ai nuovi cittadini che sono oggi qui con noi dico semplicemente : vorrei che sentiste questa cerimonia come un abbraccio festoso delle istituzioni per il vostro ingresso nella nostra comunità nazionale. Siamo felici di accogliervi in rappresentanza dei nuovi italiani, che sono stati poco meno di 39 mila nel 2007. Ne siamo felici per una ragione fondamentale, che dovrebbe ispirare e guidare le scelte della politica e, in concreto, le decisioni legislative : questo afflusso di nuove energie, provenienti da ogni parte del mondo e radicatesi nel nostro paese, è un fattore di freschezza e di forza per la nazione italiana. Il fenomeno dell'immigrazione ha conosciuto in Italia una crescita impetuosa, a ritmo accelerato, negli ultimi dieci anni, avvicinandoci nella percentuale dei presenti e residenti a grandi paesi europei divenuti prima o assai prima del nostro paesi che includevano cospicue comunità straniere. Rispetto al momento, 1997-8, in cui toccò proprio a me, in altra veste istituzionale, portare all'approvazione del Parlamento la prima legge organica sull'immigrazione, il numero degli stranieri è più che triplicato. E non potevamo allora immaginare come sarebbe presto divenuto rilevante il problema non solo di garantire il loro migliore inserimento nel mondo del lavoro, nell'attività economica e nella vita sociale del nostro paese, ma di trarne nuova linfa per rafforzare la popolazione italiana, arricchendola di apporti validi e di elementi preziosi di dinamismo. Dobbiamo procedere decisamente in questa direzione, come hanno fatto attraverso vicende storiche molto diverse dalla nostra - lo hanno fatto anche nell'ultimo decennio - paesi quali non solo l'Inghilterra ma la Francia e la Germania. Si tratta di una componente non trascurabile - rendiamocene conto - del peso di ciascun paese nei confronti internazionali. Occorre naturalmente procedere con serietà, evitando innesti frettolosi che si rivelerebbero artificiali e fragili. Vogliamo accogliere nuovi cittadini consapevoli, che siano riconosciuti e si affermino come tali. Ma il punto di partenza non può non essere una presa di coscienza collettiva del carattere non temporaneo che ha assunto il fenomeno dell'immigrazione in Italia, e dunque della necessità di trarne le naturali conseguenze sul piano dello sviluppo delle politiche d'integrazione e anche sul piano delle norme e delle prassi per il conferimento della cittadinanza. E' essenziale che a tale presa di coscienza giungano non solo le istituzioni, ma l'intera collettività nazionale, l'insieme degli uomini e delle donne storicamente italiani, cittadini italiani da innumerevoli generazioni, cittadini italiani per discendenza, per antiche radici. Debbono cadere vecchi pregiudizi : occorre un clima di apertura e apprezzamento verso gli stranieri che si fanno italiani - lavoratori, studenti e ricercatori, imprenditori, sportivi, manager. E' in un clima siffatto che possono avere successo le politiche volte a stabilire regole e a rendere possibile non solo la più feconda e pacifica convivenza con gli stranieri ma anche l'accoglimento di un numero crescente di nuovi cittadini. Sin dalla legge approvata dieci anni orsono si è affermato il principio di una netta distinzione tra immigrazione legale e immigrazione illegale, nel senso di incentivare la prima pur sottoponendola a procedure che tengano conto di necessità effettive e di ragionevoli limiti, e di contrastare risolutamente la seconda, in nome della legge e della sicurezza, pur nel rispetto di elementari diritti umani che non possono conoscere barriere. E lungo queste direttrici si sta muovendo la politica di immigrazione dell'Unione europea, che tende a divenire sempre di più - ed è tendenza che noi fortemente sosteniamo - una politica comune. Diritti e doveri da affermare contestualmente - senza un prima e un poi - nel rapporto con gli immigrati e i residenti legali. E in questo quadro, accoglimento, sulla base di corretti criteri, di nuovi cittadini. C'è da procedere, lo ripeto, con la massima serietà. Non c'è dubbio che per diventare italiani è necessaria una piena identificazione con i valori di storia e di lingua, e con i principi giuridici e costituzionali che sono propri della nostra nazione e del nostro Stato democratico (e che noi d'altronde dobbiamo tendere a consolidare anche nella coscienza di quanti sono nostri cittadini da sempre). Sulle disposizioni e sugli strumenti da adottare a questo riguardo, la discussione è aperta. Osservo solo che più si mette l'accento su forme di verifica dell'avvenuta piena adesione, da parte dei singoli stranieri, al nostro sistema di valori e di principi, meno si può irrigidire il criterio del tempo di residenza che si è trascorso in Italia. Ma lasciate che io concluda esprimendo la mia soddisfazione e la mia emozione per gli interventi dei nuovi cittadini che abbiamo ascoltato. Si tratta di persone che ci danno tutte - nei campi più diversi - qualcosa di significativo e di bello : apertura culturale e alta preparazione tecnica, sensibilità spontanea per quella speciale espressione della nostra identità nazionale che sono le Forze Armate, passione e dedizione per il nostro sport più popolare. Ci date, voi tutti, sopra ogni altra cosa, un vivo messaggio di amore per la nostra terra, per la patria italiana che ormai ci accomuna. E perciò vi ringrazio e vi rivolgo un augurio affettuoso.

Napolitano cerca di "arginare" la Lega

Napolitano dopo gli emendamenti al decreto sicurezza: ''Via i vecchi pregiudizi'' ROMA - Sulla problematica dell'immigrazione in Italia "debbono cadere vecchi pregiudizi: occorre un clima di apertura e apprezzamento verso gli stranieri che si fanno italiani". Lo afferma il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano incontrando al Quirinale una rappresentanza di nuovi cittadini di origine straniera. Un monito che sembra diretto al Carroccio, dopo la presentazione dei nuovi emendamenti restrittivi al decreto sicurezza (la cui discussione al Senato slitta alla prossima settimana) proposti dalla Lega (blocco dei flussi di ingresso per 2 anni, pagamento delle prestazioni sanitarie e obbligo per i medici di segnalare gli irregolari). Secondo Napolitano e' in questo clima "che possono avere successo le politiche volte a stabilire regole e a rendere possibile non solo la piu' feconda e pacifica convivenza con gli stranieri ma anche l'accoglimento di un numero crescente di nuovi cittadini". Riguardo alle politiche di immigrazione in Italia "la discussione é aperta sulle disposizioni e gli strumenti da adottare". Lo afferma il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso del suo intervento al Quirinale dove ha incontrato i nuovi cittadini di origine straniera. "Osservo solo - ha specificato il presidente - che piu' si mette l'accento su forme di verifica dell'avvenuta piena adesione, da parte dei singoli stranieri, al nostro sistema di valori e di principi, meno si puo' irrigidire il criterio del tempo di residenza che si e' trascorso in Italia". Il punto di partenza "non puo' non essere una presa di coscienza collettiva del carattere non temporaneo che ha assunto il fenomeno dell'immigrazione in Italia e dunque della necessita' di trarne le naturali conseguenze sul piano dello sviluppo delle politiche di integrazione e anche sul piano delle norme per il conferimento della cittadinanza", ha aggiunto il presidente. "Questo afflusso di nuove energie, provenienti da ogni parte del mondo e radicatesi nel nostro Paese e' un fattore di freschezza e di forza per la nazione italiana", ha detto ancora Napolitano incontrando, sottolineando che "il fenomeno dell'immigrazione ha conosciuto in Italia una crescita impetuosa negli ultimi dieci anni, avvicinandosi nella percentuale dei presenti e residenti, ai grandi paesi europei". I presidente poi ricorda il 1997-98, "quando tocco' a me in altra veste istituzionale portare all'approvazione del Parlamento la prima legge organica sull'immigrazione". E spiega che "allora non potevamo immaginare come sarebbe divenuto rilevante il problema di garantire il loro migliore inserimento nel mondo del lavoro e nella vita sociale del nostro Paese ma anche di trarne nuova linfa per rafforzare la popolazione italiana arricchendola di apporti validi e di elementi preziosi di dinamismo". Secondo il presidente, dunque, "dobbiamo procedere decisamente ma con serieta' in questa direzione, come hanno fatto attraverso vicende storiche diverse dalla nostra Paesi come l'Inghilterra, la Francia e la Germania. Si tratta di una componente non trascurabile, rendiamocene conto, del peso di ciascun Paese nei confronti internazionali". "Sin dalla legge approvata dieci anni orsono- aggiunge Napolitano- si e' affermato il principio di una netta distinzione tra immigrazione legale e immigrazione illegale, nel senso di incentivare la prima, pur sottoponendola a procedure che tengano conto di necessita' effettive, e di contrastare risolutamente la seconda". Secondo il capo dello Stato e' "lungo queste direttrici che si sta muovendo la politica di immigrazione dell'Unione europea, che tende a divenire sempre di piu', ed e' una tendenza che noi fortemente sosteniamo, una politica comune". Ovviamente, prosegue Napolitano, "c'e' da procedere con la massima serieta'", perche' "non c'e' dubbio che per diventare italiani e' necessaria una piena identificazione con i valori della storia e di lingua e con principi giuridici e costituzionali che sono propri- conclude il presidente- della nostra nazione e del nostro Stato democratico". Erano presenti all'incontro il presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, il vice presidente del Senato Domenico Nania, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, il Giudice Anziano della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick, e autorita' politiche, civili e militari. Dopo l'intervento del ministro Maroni e le testimonianze dei nuovi cittadini, Beibei Zhang, Ivanna Knjsh, Stefano Chuka Okaka, il Presidente Napolitano ha rivolto un saluto ai presenti. (DIRE) © Copyright Redattore Sociale

I medici milanesi dicono no alla Lega

Secco no all'obbligo di denunciare gli irregolari. Garbarini (Ordine dei medici): ''È una delazione che ci rifiuteremo di fare''. Colombo (Ospedale San Paolo): ''Faremmo appello all'obiezione di coscienza'' MILANO - "È un gesto di delazione che noi medici ci rifiuteremo di fare”, esclama deciso Ugo Garbarini, vice presidente dell'ordine dei medici e degli odontoiatri della provincia di Milano, commentando la proposta della Lega Nord (presentata ieri in Senato) che vorrebbe introdurre per i medici l'obbligo di segnalazione degli immigrati irregolari. Ugo Garbarini si appella al codice deontologico dell'ordine cui appartiene che “ci impone di curare tutti, si tratta di un principio sacrosanto. Il medico deve fare il medico -conclude- e svolgere questa professione significa prestare le proprie cure a tutti, senza distinzioni”. Al giuramento di Ippocrate e al codice deontologico si appella anche Livio Colombo, responsabile dell'ambulatorio per stranieri irregolari dell'Ospedale San Paolo di Milano: “Se la legge passasse, cosa di cui dubito fortemente, -commenta - noi medici faremmo appello all'obiezione di coscienza”. Per il medico, anche la proposta di far pagare agli immigrati irregolari le prestazioni sanitarie pubbliche, e quindi anche l'accesso al pronto soccorso “stride con il nostro giuramento, che prevede l'obbligo di cura per tutti”, spiega. Peraltro già ora i criteri adottati per il triage nei pronto soccorso prevedono che i casi individuati con il “codice bianco” (“nessuna urgenza, tempo di attesa indefinito”) debbano pagare il ticket. “Fatta eccezione per anziani, bambini e altre categorie particolari -spiega Livio Colombo- tutti devono pagare: italiani, immigrati regolari e irregolari”. Sono invece gratuite tutte le prestazioni d'urgenza. L'ambulatorio per stranieri irregolari dell'Ospedale San Paolo era nato per dare risposta alle esigenze di quei pazienti che soffrono di patologie croniche e che non possono essere seguiti dalle associazioni di volontariato. Allo sportello si rivolgono, in media, 25-30 persone a settimana “ma se venisse potenziato potrebbe essere molto utile per alleggerire il lavoro dei pronto soccorso”, conclude Livio Colombo. I reparti d'urgenza degli ospedali infatti sono il principale punto di riferimento per i cittadini stranieri (con o senza documenti in regola) per affrontare una malattia o un infortunio. Le due proposte della Lega Nord vengono criticate anche dal Naga (associazione che si dedica all'assistenza medica delle persone emarginate) dal momento che “mettono in discussione il principio che esistano diritti assoluti preminenti rispetto alla condizione giuridica relativa della persona”, dice Pietro Massarotto presidente del Naga. “Ciò comporta una distorsione di fondo del ruolo sociale dei medici, segna un'ulteriore tappa nel processo di criminalizzazione dell"immigrazione”, conclude Pietro Massarotto. (is) © Copyright Redattore Sociale

lunedì 10 novembre 2008

Caso profughi, il prefetto decide il censimento

All´incontro anche il questore Faraoni I funzionari si recheranno nell´ex clinica San Paolo di Sara Strippoli Vertice senza rifugiati: "Non saliamo senza i ragazzi dei centri sociali" Il Vertice in prefettura sul futuro dei profughi che occupano la clinica San Paolo si è svolto senza la presenza dei rifugiati, che non hanno accettato di partecipare all´incontro senza i due ragazzi del comitato di solidarietà che li accompagnavano. Ai quattro profughi in rappresentanza dei quattro Paesi (Etiopia, Eritrea, Somalia e Sudan), la prefettura ha infatti confermato che Paolo Padoin non avrebbe ricevuto rappresentanti dei centri sociali. Ne è seguito un vivace dibattito sotto i portici di piazza Castello, al termine del quale è stato concesso l´ingresso soltanto a Deka Aden Tessiore, una donna somala residente in Italia, dove si è laureata, da mesi impegnata a seguire la vicenda dei suoi connazionali e degli altri, che a lei si sono rivolti per un aiuto quando dormivano alla stazione o al parco del Valentino. L´altra persona ammessa al tavolo (presenti anche il questore Aldo Faraoini e il vice Spartaco Mortola), un portavoce dell´assessore Migliasso per la Regione) è stato il presidente dell´associazione somala Mohamed Adensheikh, medico ed ex-consigliere comunale. È stato vano l´appello di Deka Tessiore perché il prefetto ammettesse alla riunione anche i due rappresentanti del comitato. Al termine dell´incontro, la donna dice tuttavia di essere soddisfatta: «Mi sembrano davvero intenzionati a risolvere la situazione», è stato il suo primo commento. Il primo passo sarà il censimento. Il prefetto Paolo Padoin è convinto che sia possibile arrivare ad avere l´elenco con la collaborazione delle associazioni «e se non fosse possibile potrebbe essere la protezione civile a censire gli occupanti inviando un suo mezzo davanti all´ex-clinica San Paolo». E ha ripetuto: «Prima di capire cosa si può fare dobbiamo chiarire la posizione di tutti». L´assessore con delega alla protezione civile Beppe Borgogno è pronto ad organizzare il censimento sul modello di quanto fatto in via Bologna «a condizione però che siano presenti i servizi sociali. Non sono disponibile a fare un censimento coatto». L´ipotesi di un censimento da parte della protezione civile è accettata anche dai rappresentanti del comitato di solidarietà: «Niente in contrario, anche se tutti i dati dovrebbero già essere a disposizione attraverso la registrazione dell´ufficio stranieri. Ci pare che la riunione di oggi non rappresenti alcun passo avanti significativo visto che non viene indicata nessuna soluzione, in primo luogo per la concessione della residenza». Dal Comune è arrivata la richiesta ufficiale al prefetto affinché il governo intervenga con ulteriori fondi. Il problema della residenza sarà affrontato oggi in una riunione richiesta da Borgogno: «Credo che le vie ci siano, ad esempio una domiciliazione collettiva. So che il Gruppo Abele sta studiando il problema e credo sia importante sentire tutte le ipotesi percorribili prima di decidere». L´assessore provinciale Salvatore Rao critica Palazzo Civico: «è fondamentale che il Comune dimostri maggiore disponibilità a collaborare con le altri istituzioni e le associazioni». La residenza, aggiunge «è il passo necessario perché i rifugiati possano diventare cittadini a tutti gli effetti. Sono 4.900 le domande dei richiedenti asilo presentate da gennaio ad oggi in questura e invito i comuni che aderiscono alla rete delle città asilo ad ampliare il numero dei posti di accoglienza». L´eurodeputato di Prc Vittorio Agnoletto ha presentato ieri un´interrogazione prioritaria alla commissione europea: «Intervenga l´Europa, l´Italia non rispetta le convenzioni internazionali sui rifugiati». (06 novembre 2008)

La disavventura di una badante salvadoregna

E’ clandestina, non può donare il sangue Di Carlo Meoli Voleva aiutare la donna sarnese che accudisce Non può donare il sangue perché non è in regola con il permesso in soggiorno. In pratica non può farlo perché è una badante clandestina. Una assurditá, ma il fatto è successo all’ospedale di Nocera Inferiore. Un’anziana di Sarno viene ricoverata per dei problemi fisici. Comincia la solita trafila degli accertamenti e, alla fine, ci si rende conto che ha bisogno di trasfusioni. L’anziana è da anni accudita da una badante salvadoregna che, come tante altre donne che svolgono questo lavoro, non è in regola con il permesso di soggiorno. La donna assiste l’anziana da molti anni, è legata a quella signora. Quando si rende conto che servono dei donatori si fa avanti. Non si limita a questo però. Lei ha altri parenti che vivono in zona e che sarebbero disposti a donare il sangue per la signora sarnese. E qui, stando a quello che si è poi riuscito a ricostruire, succede l’inghippo. Un medico fa notare alla badante che, non essendo in regola con la legge, non può fare la donazione. Ma c’è di più: rischia anche seriamente di andare incontro a eventuali sanzioni di carattere penale. Questa la storia. Ovviamente c’è da sperare che la questione per la povera signora si sia aggiustata nel migliore dei modi. Della vicenda è stato informato Giovanni Lanzetta, animatore dell’associazione Gorè, una vita spesa con il volontariato al servizio degli immigrati. Il suo commento è denso di sconcerto: «Io francamente mi dovrò informare su cosa prevede la legge in casi del genere, ma faccio un ragionamento di logica e buonsenso». Cioè? «Se un clandestino ha un problema e bisogna reperire sangue non è che non si fa la donazione solo perché non è in regola con la legge. E allora, mi chiedo, perché non dovrebbe valere la stessa cosa a parti invertite? Sottolineo, farei questo ragionamento anche se la legge vietasse ai clandestini di donare il sangue. Il mio è un discorso - conclude Lanzetta - che fa appello unicamente alla logica e nulla più». Poi una aggiunta: «E’ evidente che con l’associazione ci informeremo sulla conformitá alla legge di questa procedura anche per evitare che in futuro si possano verificare altri casi del genere». Una verifica va fatta anche perché, di fronte a casi del genere l’unica sensazione che si prova è lo sconcerto.(06 novembre 2008)

Aveva salvato un uomo nella Rienza ma non ha il permesso di soggiorno

Clandestino l’eroe di Stegona: foglio di via Marco Rizza Ha cinque giorni di tempo per abbandonare l’Italia «Ma voglio restare qui» BRUNICO. Una vita nell’ombra, col marchio del clandestino. Da un paese all’altro, da un lavoro (in nero) all’altro. Gli amici che ti coprono, gli altri che ti guardano e pensano: chissà quello come vive. Il marchio del clandestino. Però poi succede che un uomo si butti nel fiume e che il primo a intervenire sia lui, il clandestino. Che entri nell’acqua e lo salvi, prima di tornare nell’ombra. E ora si ritrova con un foglio di via e cinque giorni per lasciare l’Italia. Lui ha 29 anni e si chiama Sedat Rexhepi. È un clandestino. Non ha il permesso per stare sul suolo nazionale. Non ha un lavoro fisso perché, dopo il primo periodo in Italia sotto lo scudo dell’asilo politico, non ha mai ricevuto il permesso di lavoro. E quindi niente permesso di soggiorno. È arrivato dal Kossovo («nato nell’ex Jugoslavia, di etnia kossovara», si legge nel foglio di via appena ricevuto: l’unico documento ufficiale in suo possesso) nel 2003 e da allora è rimasto quasi sempre in Alto Adige. Bolzano, Lana, Appiano, da qualche mese Brunico. Irregolare - clandestino - dal 2005. La storia di tanti. Lavori saltuari nell’edilizia, «sempre in nero». Abitazioni cambiate spesso. E il cuore che batte quando incroci una pattuglia. Giampaolo Mingrone, luogotenente degli alpini, domenica pomeriggio faceva jogging lungo la Rienza a Stegona. Sente un urlo, vede una coppia sbracciarsi e un giovane che corre. Il primo pensiero (quello che avrebbe attraversato la testa di tutti noi) è che quel tizio che scappa abbia combinato qualcosa. Lo insegue, ma improvvisamente lo vede scavalcare uno steccato ed entrare nel fiume. A quel punto capisce che qualcosa non quadra. Quel giovane era Sedat. Che ora racconta: «Stavo facendo un giro in bici e quando ero lungo il fiume ho sentito un rumore. Appena passato il ponte ho visto una coppia sbracciarsi. Ho guardato la Rienza e ho visto che c’era un anziano. Ho subito gettato per terra la bici, mi sono precipitato verso il fiume, ho scavalvato uno steccato e sono entrato in acqua per prendere l’uomo. Per fortuna che in quel momento è arrivato Giampaolo, sennò da solo mica riuscivo a tirarlo fuori». Insieme ci riescono. Vengono chiamati i soccorsi. Sedat sa che arriveranno anche i carabinieri, lui è bagnato ma senza documenti e preferisce non farsi trovare lì. L’alpino gli chiede almeno come si chiama e da dove viene. Sedat lo dice, poi torna nell’ombra. Mingrone non capisce il nome, ma non molla: sa che il giovane kossovaro merita un premio. Inizia a chiedere alla comunità albanese come può trovare quel ragazzo. Si sparge la voce, qualcuno trova Sedat e alla fine l’appuntamento viene fissato alla pizzeria al taglio in centro, il ritrovo degli albanesi di Brunico. Siamo a mercoledì sera: «Giampaolo mi ha chiesto delle mie condizioni e mi ha convinto ad andare dai carabinieri per trovare una soluzione». Sedat Rexhepi ha salvato un uomo, ed è questo che Mingrone vuole fare emergere e premiare. Ma la legge non prevede sconti per gli eroi. Sedat passa la giornata dai carabinieri, poi viene trasferito in questura a Bolzano. Qui riceve il foglio di via: entro cinque giorni dovrà lasciare l’Italia. Certo, una volta arrivato in Kossovo potrebbe fare domanda per entrare in Italia con un permesso di lavoro e probabilmente la questura darebbe un parere favorevole. «Ma quando vai fuori - dice Sedat - poi è difficile rientrare. Seguire le pratiche da là... Meglio restare qui». Quindi Sedat non partirà. Farà ricorso, cercherà un datore di lavoro, contatterà l’avvocato per cercare un modo di restare legalmente in Italia. «Basta che mi diano una possibilità».(07 novembre 2008)

SCUOLA E DIRITTI -

Il caso di un ragazzo afghano dopo l’esito brillante della licenza media Non è maggiorenne, niente corsi serali Gianluca Codognato Il giovane lavora, vuole iscriversi al Gramsci Luzzati ma la legge lo vieta LA STORIA A Venezia da un anno l’immigrato si è subito integrato, non può frequentare le lezioni ma sogna il diploma Lavorare di giorno e frequentare la scuola di sera si può. Ma solo se si è maggiorenni. A dirlo è una legge del 2007, legata all’obbligo scolastico. Risultati? A volte disastrosi, come dimostra la storia del giovane afghano «accolto» all’interno di una comunità veneziana per minori non accompagnati. Per il diciassettenne immigrato, che di giorno è impegnato al lavoro, il sogno di iscriversi immediatamente ai corsi serali dell’istituto Gramsci Luzzati è rinviato d’un anno. D’altro canto «non si può fare nulla - spiega Sandro Simionato, assessore alla Politiche sociali - la legge, che ha una sua ragione nella difesa dell’obbligo scolastico, non lascia margini di manovra. Anche se il caso di questo ragazzo è molto particolare». Il giovane afghano è arrivato a Venezia poco meno di un anno fa. E, come racconta un insegnante della comunità in cui è stato accolto, «si è dimostrato subito assai rapido nell’apprendimento e nel trovarsi un lavoro estivo, occupazione che è riuscito a mantenere oltre la precarietà dettata dalla stagionalità». Così, dopo aver superato brillantemente l’esame di licenza media, il ragazzo afghano ha cercato di iscriversi ai corsi serali del Luzzati-Gramsci. «Non può certo andare a lezioni diurne - spiega ancora l’insegnante - i minori trovano sostentamento fino al compimento dei 18 anni. Da qui per sei mesi vengono accompagnati alla ricerca di un lavoro. Ma molti preferiscono averlo già prima di diventare maggiorenni, così da essere sicuri di poter camminare con le proprie gambe». Inevitabile, dunque, l’iscrizione alle scuole serali. Così da mantenere un’occupazione e realizzare il proprio sogno: diplomarsi. «Peccato che per una legge entrata in vigore recentemente - sottolinea l’insegnante della comunità - alle scuole serali si possano iscrivere solo persone maggiorenni. Un provvedimento che ostacola evidentemente la frequentazione delle superiori da parte degli immigrati e che non aiuta certo a integrare ragazzi provenienti da culture differenti». In pratica, dunque, il giovane afghano perderà un anno di scuola. Troppo, considerando la sua voglia di proseguire il percorso scolastico e l’età «avanzata», che lo vede in ritardo (per ovvie ragioni) rispetto ai coetanei italiani. Una situazione complessa e contraddittoria. E «speriamo che il ragazzo non perda la voglia di studiare», avverte ancora l’insegnante. In questo contesto così complicato, sia la comunità che ha accolto il diciassettenne, sia il Comune, si sono prodigati per trovare una soluzione. Non sono mancati i contatti con il preside del Gramsci-Luzzati, il quale però non ha potuto accontentare la richiesta di inserimento, proprio perché impedito dalla legge. «Non si può fare molto in questi casi - conferma l’assessore Sandro Simionato - Non esistono deroghe neppure di fronte a specificità come quella che ci siamo trovati di fronte. Capisco anche la posizione del preside, non poteva fare nulla. Il Comune ha creato una rete d’accoglienza molto forte, fino al diciottesimo anno d’età».(07 novembre 2008)

IMMIGRAZIONE: BELISARIO (IDV), RIVEDERE SUBITO LA BOSSI-FINI

(ASCA) - Roma 3 nov - ''La proposta di sospendere la Bossi-Fini per due anni non puo' essere liquidata senza un confronto serio e costruttivo''. E' quanto sostiene Felice Belisario, presidente del gruppo Italia dei Valori al Senato, intervenendo nel dibattito che si e' acceso sull'intervista del segretario Cgil Epifani, ''soprattutto tenendo conto della realta' economica e lavorativa nel nostro Paese che presuppone un superamento dell'attuale normativa consentendo a chi dovesse perdere il lavoro di trovarne un altro''. ''Quel che e' importante - sostiene Belisario - e' che le leggi vengano rispettate e che i lavoratori stranieri siano garantiti. Ben venga in Italia chi ha intenzione di lavorare e vivere legalmente: a questi immigrati occorre garantire la massima integrazione sociale. Tutti gli altri, quelli che non rispettano le regole, devono essere perseguiti o rimpatriati''. Belisario ricorda che in proposito i senatori dell'Italia dei Valori hanno presentato una proposta di legge, nei mesi scorsi, tesa ad aumentare i livelli di integrazione sociale, promuovere un'immigrazione sostenibile, contrastare la tratta di esseri umani, combattere il ricorso al lavoro nero, aumentare il livello di sicurezza nel nostro Paese, mettendo in campo politiche autenticamente integrative. ''La nostra proposta - prosegue Belisario - punta a governare il cambiamento. Per questo, abbiamo ritenuto necessario definire regole chiare, che possano servire anche come deterrente alla pratica della clandestinita'. In particolare, oltre ad inserire la figura dello sponsor, persona o azienda che si rende garante dell'ingresso del migrante, abbiamo previsto strumenti per risalire facilmente all'identificazione dei cittadini stranieri presenti in Italia, compresi l'esame del Dna e della retina ''.

La caccia all'immigrato e aperta!

Immigrazione clandestina, arresto ad Alghero L’uomo, fermato dai Carabinieri, verrà giudicato nella mattinata di lunedi’ presso le aule dibattimentali del tribunale di sassari con rito direttissimo ALGHERO - Continuano i controlli dei Carabinieri di Alghero volti a scoraggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina. Questo fine settimana i militari del nucleo operativo e radiomobile della locale compagnia, nel corso di una operazione preventiva di controllo del territorio, hanno tratto in arresto Mabigue Ndoye, nato in Senegal nel 1976. L'uomo risultante domiciliato ad Ittiri, di fatto era un clandestino. Il senegalese, che si trovava ad Alghero per svolgere l’attivita’ di venditore ambulante, alla richiesta dei documenti d’identita’ da parte dei carabinieri non ha fornito nessuna indicazione. Grazie ad un piu’ approfondito controllo, eseguito attraverso i riscontri fotodattiloscopici presenti in banca dati, Ndoye e’ risultato responsabile di mancata osservanza dell’ordine di espulsione dal territorio nazionale notificatogli nel marzo scorso dalla questura di Lecco. L’arrestato verra’ giudicato nella mattinata di lunedi’ presso le aule dibattimentali del tribunale di sassari con rito direttissimo.

domenica 9 novembre 2008

Libia: interrogazione parlamentare su Kufrah

BERLINO, 24 ottobre 2008 - L'Italia ha finanziato campi di detenzione in Libia? E le nostre autorità sono al corrente degli abusi e delle torture compiute in quel paese ai danni di migranti e rifugiati arrestati sulla rotta per Lampedusa? Queste le domande di una interrogazione alla Presidenza del Consiglio, presentata dalla deputata del Partito Democratico, Rosa Maria Villecco Calipari, lo scorso primo ottobre, in Commissione Affari Esteri e Comunitari, alla Camera. Aspettiamo una risposta. ATTO CAMERA INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/00399 Dati di presentazione dell'atto Legislatura: 16 Seduta di annuncio: 58 del 01/10/2008 Firmatari Primo firmatario: VILLECCO CALIPARI ROSA MARIA Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO Data firma: 01/10/2008Elenco dei co-firmatari dell'atto Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma ZAMPA SANDRA PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 GIULIETTI GIUSEPPE ITALIA DEI VALORI 01/10/2008 DE MICHELI PAOLA PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 MARINI CESARE PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 FERRANTI DONATELLA PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 VIOLA RODOLFO GIULIANO PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 VERNETTI GIANNI PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 TOUADI JEAN LEONARD PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 CONCIA ANNA PAOLA PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 ZACCARIA ROBERTO PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 VERINI WALTER PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 MARAN ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 ROSSA SABINA PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 COSCIA MARIA PARTITO DEMOCRATICO 01/10/2008 Commissione assegnataria Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) Destinatari Ministero destinatario: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega Delegato a rispondere Data delega PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 01/10/2008 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 01/10/2008 Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI delegato in data 13/10/2008 Stato iter: IN CORSO Fasi iter: MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 01/10/2008 MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 13/10/2008 Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-00399 presentata da ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI mercoledì 1 ottobre 2008, seduta n.058 VILLECCO CALIPARI, ZAMPA, GIULIETTI, DE MICHELI, CESARE MARINI, FERRANTI, VIOLA, VERNETTI, TOUADI, CONCIA, ZACCARIA, VERINI, MARAN, ROSSA e COSCIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri.- Per sapere - premesso che: la stampa nazionale (l'Unità del 29 settembre) ha riportato la notizia della grande impressione suscitata al Salinadocfest - festival del documentario narrativo - dal filmato di Andrea Segre e Dagmawi Yimer, intitolato «Come un uomo sulla terra», sulla esperienza vissuta dallo stesso Dagmawi nel suo penoso peregrinare da Addis Abeba sino all'Italia passando per il villaggio libico di Kufra; nel documentario viene descritto in modo preciso il lager in cui vengono trattenuti i cittadini di varia nazionalità che intendono raggiungere le coste del mondo occidentale e quelle italiane in particolare; le condizioni in cui vengono trattenuti sono di una pesantezza disumana, in modo particolare per le donne; nello stesso documentario si sostiene che imprecisate autorità italiane sono state in visita a Kufra e avrebbero quindi dovuto vedere l'orrendo trattamento inflitto agli sfortunati cittadini provenienti da diverse regioni africane -: se il nostro Governo sia a conoscenza dell'esistenza di questo campo di detenzione nella località libica di Kufra; se negli accordi recentemente stipulati, con l'obbligo per l'Italia di versare somme in favore del Governo libico, sia per le antiche diatribe bilaterali, sia per il controllo dell'immigrazione diretta nel nostro paese, sia stato chiesto di fermare in appositi campi i detenuti in transito, o se vi siano altri accordi specifici relativi al trattamento degli immigrati che attendono di attraversare il Mediterraneo; se l'Italia sia coinvolta, in qualsiasi modo, da sola o con altri Paesi europei, nella costruzione e/o nel finanziamento di campi per immigrati sia a Kufra sia in altre località della Libia; se risultino visite compiute da nostre autorità a qualsiasi livello al campo di Kufra, e quali siano esattamente le autorità italiane che avrebbero fatto visita al campo nel corso del 2005, come riportato nel suddetto documentario; se non si ritenga di dover comunque intervenire con estrema urgenza per avere la garanzia assoluta che i soldi dei contribuenti italiani non vengano utilizzati per palesi e gravissime violazioni dei diritti umani fondamentali; quali passi intenda comunque compiere il Governo per tutelare l'immagine tradizionale dell'Italia sempre schierata in qualsiasi parte del mondo in difesa dei diritti dell'uomo; se il Governo non intenda riferire con urgenza in Parlamento nella questione. (5-00399)

Libia: ecco il testo dell'accordo segreto con l´Italia

BERLINO, 24 ottobre 2008 - A due mesi dalla firma del trattato di amicizia tra Italia e Libia, il testo dell'accordo è finalmente pubblico. Lo ha diffuso il sito di Repubblica.it. Gli articoli sono 23, si va dal "Rispetto della legalità internazionale" alla "Collaborazione nel settore della Difesa" e ai "Progetti infrastrutturali di base" (i famosi 5 miliardi di dollari...). La collaborazione nella lotta all'immigrazione clandestina rientra nello stesso articolo della "lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata e al traffico di stupefacenti". L'articolo 19. Fondamentalmente si tratta di chiudere ai migranti e ai rifugiati le vie di ingresso e di uscita dalla Libia. A nord con i pattugliamenti congiunti, stabiliti dagli accordi del 29 dicembre 2007, da effettuarsi con le 30 imbarcazioni bloccate da un mese nel porto di La Spezia, secondo quanto dichiarato dallo stesso Maroni. E a sud con l'installazione di un sistema di controllo elettronico della frontiera desertica, la cui costruzione sarebbe affidata a Finmeccanica, con un finanziamento al 50% italiano e al 50% dell'Unione europea. Il tutto però verosimilmente non partirà prima della ratifica dell'accordo da parte del Parlamento Italiano. Cioè non prima di qualche mese. A coronare l'ipocrisia del trattato ci sono gli articoli 6 e 4. Il primo parla di "Rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali" in nome dei "principi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo". E se quelle convenzioni internazionali vietano gli arresti di massa dei lavoratori immigrati, il trattamento inumano e degradante nei campi di detenzione e le deportazioni collettive in pieno deserto o in Paesi a rischio, niente paura. L'articolo 4 infatti prevede la "Non ingerenza negli affari interni". Come dire: l'Europa non c'entra niente, anche se ha finanziato quegli arresti. A chi non avesse chiaro cosa succede nei campi di detenzione libici, invitiamo a scaricare il nostro rapporto Fuga da Tripoli, e di andarsi a vedere il documentario Come un uomo sulla terra. Qui trovate il calendario delle proiezioni. SCARICA IL TESTO DEL TRATTATO D'AMICIZIA ITALIA LIBIA http://www.infinitoedizioni.it/fileadmin/InfinitoEdizioni/rapporti/RAPPORTO_LIBIA.pdf

lunedì 3 novembre 2008

Il colonialismo italiano nelle opere di Lucarelli e Manfredi

Lucca Comics & Games del 01/11/2008 di Alessandro Lazzarini LUCCA - Sala gremita e grande interesse del pubblico per l'incontro con Carlo Lucarelli e Gianfranco Manfredi inserito nel calendario di Lucca Comics & Games 2008. Entrambi gli autori hanno ambientato le loro ultime opere nell'Etiopia dell'800, affrontando il tema del colonialismo italiano. L'occasione si è trasformata in un dibattito culturale su un periodo storico dimenticato, definito dai due opsiti "il far west italiano". Manfredi: «Oggi i media falsificano la figura della donna negandone il dolore». Ottimo riscontro di pubblico e grande interesse in sala per l'incontro con lo scrittore Carlo Lucarelli e lo sceneggiatore di "Volto Nascosto" (tavole in mostra a Palazzo Ducale) Gianfranco Manfredi. Il primo, affermato scrittore e conduttore televisivo, ha recentemente pubblicato "L'ottava vibrazione", romanzo ambientato in Etiopia nei giorni antecedenti la disfatta di Adua, mentre il secondo ha localizzato la sua mini serie d'autore, pubblicata da Sergio Bonelli Editore e che a breve volgerà al termine svelando l'identità del protagonista, tra Roma, l'Etiopia e l'Eritrea. Ed è proprio questa l'analogia che ha unito i due ospiti ed è questo l'argomento che ha infine monopolizzato il dibattito, trasformandolo in una vera discussione storico culturale. Manfredi ha aperto il dibattito raccontando la sua storia, il nonno fondatore di una cellula dell'Internazionale Socialista, il padre in un campo di prigionia alle falde del Kilimangiaro, per spiegare ai presenti la sua scelta narrativa. Poi si è soffermato sulla scelta della mini serie, assunta perché in grado di lasciare più libertà allo scrittore, dato che ad esempio l'eroe può morire, evento impossibile nelle serie dalla durata indefinita, che proprio perché infinite non possono prescindere dal protagonista. Ma l'incontro è ben presto uscito dai binari della semplice discussione settoriale quando, invitato a trattare la figura dell'eroina femminile, Manfredi è andato a ruota libera: «Trovavo provocatorio rappresentare oggi l'eroina femminile perché siamo in un'epoca di falsificazione della figura femminile. Le eroine dell'800 sanno nascondere il dramma delle figura femminile in un periodo in cui per le donne è più difficile essere libere. Oggi invece l'elemento dolore nello stereotipo dell'eroe femminile è nascosto dietro la donna in carriera autoritaria, mentre invece anoressia e altre dilaganti malattie psicologiche ci dicono che anche ai giorni nostri la donna deve convivere col dolore». Poi Lucarelli parla del colonialismo italiano: «Esiste un far west italiano, storie epiche con sfondi enormi, le possiamo raccontare. Sappiamo tutto del far west americano, della legione straniera francese, dell'India Inglese, ma abbiamo nascosto il nostro colonialismo. Allora scopri che è necessario raccontarlo». Quindi Lucarelli si rivolge a Manfredi, ponendogli una domanda: «Scrivendo il libro mi rendevo conto di raccontare gli italiani di adesso, hai avuto questa sensazione?» «Studiando il colonialismo - dice Manfredi - mi sono imbattuto in un politico italiano che, riguardo il colonialismo, alla domanda "perché si deve fare questa guerra?", rispondeva "Perché ce lo chiede l'Europa". Per esistere dovevamo avere una colonia. Ci sono analogie con quanto accade oggi; la politica pensa che anche quando si ha a che fare con popoli tribali si debba individuare un capo. E' successo con Bin Laden, coi Talebani, e successe anche nell'800 con Menelik II. L'Italia disse che l'Etiopia gli aveva ceduto la rappresentanza economica. Una assurdità. C'era gente che scendeva in piazza e gridava "Viva Menelik". La gente in sostanza manifestava per dire che aveva ragione il nemico». Il moderatore invita poi Lucarelli a ricostruire la figura delle 'Madame': «L'Etiopia era il miglior stato africano, la nostra non è una storia di cow boys contro primitivi pellerossa. Gli ufficiali italiani lasciavano la moglie a casa, la Madama era la moglie segreta, storie di amore vere, ma quando tornavano dovevano abbandonarle perché non era possibile l'amore tra un bianco e una nera. Un pezzo di storia che ci appartiene ma che abbiamo dimenticato perché controversa. Ad Adua - continua - c'erano 16mila italiani contro 100mila etiopi. Noi ricordiamo la battaglia con l'eroismo degli sconfitti, ma è la più grande sconfitta di un esercito coloniale contro un esercito africano. L'abbiamo rimossa dai libri di scuola ma per i popoli neri è un punto di svolta, in Jamaica la studiano tutti». "Volto Nascosto" tuttavia, non tratta solo degli italiani, ma molti personaggi sono Etiopi, o comunque guarda ai fatti anche con l'occhio del popolo africano. Racconta Manfredi: «Tramite Il Manifesto abbiamo fatto leggere il fumetto a degli Etiopi, ed è piaciuto. Nell'immaginario comune in guerra l'invasore ha torto e chi difende la propria terra ha ragione, ma tutti hanno sentimenti e non sempre chi ha torto è anche cattivo. Sono questi i particolari più difficili da raccontare, perché il fumetto rappresenta i personaggi per stereotipi. E' per questo che il successo di Volto Nascosto lo condivido in parti eguali coi disegnatori, senza di loro non avrei potuto esprimere quello che avevo in testa».

MIGRANTI: MSF "CHIUDE" A LAMPEDUSA, NON HA PIU' IL PERMESSO(AGI)

Roma, 1 nov. Medici senza frontiere (Msf) ha chiuso l'attivita' al molo dell'isola di Lampedusa. In una nota l'organizzazione ha riferito di aver dovuto questa decisione "dopo che il ministero dell'Interno ha deciso di non firmare un nuovo protocollo d'intesa e di non rilasciare il permesso necessario perche' Msf continui a operare adeguatamente". Da qui, l'appello dell'organizzazione al governo di "rivedere la sua decisione". L'organizzazione umanitaria ha garantito dal 2002 visite mediche d'emergenza gratuite per i migranti che arrivano sull'isola dopo aver attraversato un drammatico viaggio in mare. Dal 2005 fino a oggi il team di Msf ha visitato 4.550 migranti, 1.420 solo tra gennaio e ottobre del 2008. "La presenza di Msf nell'isola e' necessaria", rivendica l'organizzazione nella nota, "a causa del gran numero di persone che sbarcano sulle sue coste ogni anno -piu' di 25mila nei primi dieci mesi del 2008- fino a quando le autorita' sanitarie regionali non garantiranno un servizio". E' "inaccettabile", ha ammonito Loris de Filippi, responsabile delle operazioni Msf in Italia, "che mentre i nostri medici possono operare nel cuore del conflitto in corso in Nord Kivu nella Repubblica del Congo, siamo praticamente costretti a concludere l'assistenza medica e umanitaria nel territorio di uno Stato europeo". L'organizzazione e' preoccupata perche' in futuro non saranno piu' garantite le visite mediche al molo di Lampedusa, soprattutto in considerazione del fatto che negli ultimi anni Msf ha evidenziato un incremento nelle patologie dei migranti dovute alle condizioni dei viaggi in mare (traumi, ipotermia, ustioni). Secondo i dati di Medici sempre frontiere, sempre piu' migranti arrivano da zone di guerra o paesi colpiti da carestie, come Somalia, Eritrea, Sudan ed Etiopia (30 per cento); inoltre sono in aumento gli arrivi di donne (12 per cento, 151 in gravidanza dall'inizio dell'anno) e minori (8 per cento). (AGI)

La Russa: "Sulla Bossi-Fini nessuno stop, al massimo modifiche"

3 Novembre 2008 Il ministro della Difesa è pronto a sostenere una modifica alla legge Bossi-Fini sull'immigrazione. Ma solo se "i miglioramenti riguardano la normativa per chi ha un lavoro". E' quanto ha dichiarato La Russa in un'intervista su "Il Giornale". "Che ci possano essere, per carità, delle correzioni o degli aggiustamenti da fare, siamo d'accordo. Ma l'effetto e il successo di quella legge sono dovuti soprattutto al senso dissuasivo che ha avuto. Il messaggio che è arrivato nei Paesi stranieri è -sottolinea il ministro- che l'Italia non è più un colabrodo". E conclude ammonendo che "il congelamento sarebbe il messaggio opposto, non risolverebbe alcun problema e ci riporterebbe indietro".

Immigrazione: Pdl dice no a Epifani, Bossi-Fini resta

Art. di Marco Dell'Omo ROMA - La Bossi-Fini non si tocca. Il governo non ha nessuna intenzione di accogliere la proposta del leader della Cgil Guglielmo Epifani di congelare per due anni la legge sull'immigrazione al fine di consentire agli immigrati che perdono il lavoro di restare in Italia fino a che non ne trovano un altro. La Bossi-Fini, ha spiegato il leader sindacale in un'intervista al ''Corriere'', fa si' che gli immigrati perdano il diritto al permesso di soggiorno nel momento in cui, per qualunque motivo, smettono di lavorare. Se restano in Italia, si trasformano in clandestini. ''Siccome sono persone che hanno lavorato, e lavorato bene, non avrebbe senso mandarle via'', ha osservato Epifani. Le sue argomentazioni, pero', non hanno convinto nessun esponente del governo, anche se hanno fatto breccia in qualche parlamentare della maggioranza Il ministro della Difesa Ignazio la Russa dice no al congelamento della legge. ''Sarebbe un messaggio deleterio'', sostiene l'esponente di An, preoccupato dell'eventualita' che tra i potenziali immigrati passi il messaggio ''Andiamo in Italia che tanto li' non ci fanno niente''. In realta' La Russa riconosce che e' giusto integrare in Italia chi lavora: ''Troviamo le forme, ma la sospensione della Bossi-Fini mi vede contrario''. Per il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano e' ''inaccettabile sospendere la Bossi-Fini'', senza contare che la proposta di Epifani ''porterebbe l'Italia al di fuori delle norme-base sull'immigrazione in Europa'', ma, in un contesto di particolare crisi, si puo' discutere l'ipotesi di permettere agli immigrati rimasti senza lavoro di restare in Italia legalmente per piu' dei sei mesi attualmente previsti, ad esempio fino a otto mesi. Nel centrodestra prevalgono i giudizi negativi, come quelli del leghista Roberto Cota o del vicecapogruppo del Pdl Italo Bocchino, ma la proposta di Epifani trova qualche estimatore. Giuliano Cazzola, vicepresidente della commissione Lavoro di Montecitorio, non sarebbe affatto contrario a mettere tra parentesi la Bossi-Fini. Nelle regioni del Centro-Nord, osserva, ci sono settori produttivi che senza immigrati ''non ce la farebbero a tirare avanti''. Nella sola Emilia Romagna, gli immigrati sono il 17 per cento dei lavoratori, hanno un reddito imponibile di 3 miliardi di euro e sono ''una componente strutturale dell'economia''. Margherita Boniver, altra parlamentare del centrodestra, vedrebbe di buon occhio un alleggerimento della Bossi-Fini almeno per le badanti e le collaboratrici domestiche, venendo cosi' incontro alle esigenze delle famiglie. Nell'opposizione, invece, tutti d'accordo nel dar ragione a Epifani. Il deputato del Pd Jean Leonard Touadi' vede nella Bossi-Fini una legge che ''ha fallito'' e si associa alla richiesta di sospenderla. Gianluca Lion, responsabile ''terzo settore'' del Pd boccia la legge come ''un flop''. Paolo Ferrero, segretario del Prc, condivide le ''parole di buon senso'' di Epifani. La sua preoccupazione e' che il centrodestra voglia inasprire la Bossi-Fini e usare i lavoratori immigrati clandestini per ''indebolire i diritti dei lavoratori regolari''.

I MIGRANTI, UN DONO PER LE NOSTRE SOCIETA’

CITTA' DEL VATICANO, 3 NOV. 2008 (VIS).- L’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, è intervenuto al secondo Forum Mondiale su Migrazione e Sviluppo, svoltosi a Manila (Filippine) dal 27 al 30 ottobre. Nel suo discorso dello scorso 29 ottobre, reso pubblico oggi, il capo della delegazione della Santa Sede ha affermato che “ogni forma di migrazione temporanea e circolare non deve mai essere presa come pretesto per evitare il pieno rispetto dei diritti dei migranti, e in maniera specifica, del loro diritto alla riunificazione familiare, al riconoscimento del loro contributo allo sviluppo, sia attraverso il lavoro, sia con le rimesse di denaro a casa. Ogni fallimento in questo ambito indicherebbe una mancanza di politiche di integrazione e cooperazione nei Paesi di arrivo, come pure di politiche di sviluppo nazionale in quelli d’origine”. “I Governi - ha proseguito - dovrebbero continuare a creare le condizioni per cui la migrazione non sia mai la sola opzione che resta alle persone al fine di trovare un lavoro e condurre una vita sicura e dignitosa. Maggiori occasioni di lavoro dovrebbero essere create nei Paesi d’origine e dovrebbe essere evitata ogni politica migratoria che mini i fondamenti della società, specialmente la famiglia, che ne è la cellula di base. I potenziali vantaggi dell’emigrazione sono superati dai problemi che appaiono in particolare nelle famiglie esposte al rischio della disintegrazione”. L’Arcivescovo Marchetto ha segnalato che “nei Paesi di accoglienza, la riunificazione familiare è il modo migliore per promuovere l’integrazione degli immigrati ed eliminare molti problemi, in particolare quelli legati alla sicurezza e all’ordine pubblico”. “I migranti - ha così concluso - non rappresentano solo un problema, ma anche un dono per le nostre società. Essi ci aiutano nel nostro lavoro, ci obbligano ad aprire la nostra mente, le nostre economie e le nostre politiche e ci stimolano a ricercare nuovi modelli. Soltanto assieme potremo vincere questa sfida ed aprire il nostro mondo al futuro, di cui tutti vogliamo godere”. DELLS/MIGRAZIONE:SVILUPPO/MANILA:MARCHETTO VIS 081103 (330)

sabato 1 novembre 2008

Gibuti chiede intervento Onu per evitare guerra con Eritrea

venerdì 24 ottobre 2008 Il Presidente del Gibuti, Ismail Omar Guelleh, ha denunciato giovedì al Consiglio di sicurezza l'occupazione dei territori di confine da parte dell'Eritrea. Guelleh ha chiesto al Consiglio di agire rapidamente e sollecitare un'azione concordata tra i due Paesi del Corno d'Africa per risolvere la crisi entro tre settimane. In caso contrario ci dovranno essere "delle sanzioni da parte del Consiglio" ha aggiunto il Presidente del Gibuti. "L'aggressione (dell'Eritrea) non deve essere ignorata né restare impunita, o peggio, essere presa alla leggera" ha concluso Guelleh, perché continuare a non far niente "non solamente incoraggerà ma premierà il comportamento dell'Eritrea", lasciando a noi la guerra come unica opzione. Secondo il Capo di Stato la priorità immediata "è la smilitarizzazione dei territori del conflitto, oltre che il ritiro delle forze di entrambi i Paesi sulle posizioni del febbraio 2008". La seduta del Consiglio è stata richiesta esplicitamente dal presidente Guelleh per poter riportare sulla questione, che era già stata discussa d'urgenza il 24 giugno scorso, a seguito dell'invasione eritrea di Gibuti. Il Consiglio di sicurezza aveva condannato l'Eritrea per aver lanciato un attacco al Gibuti, costato la vita a 44 soldati e le Nazioni Unite avevano chiesto un cessate il fuoco e il ritiro delle truppe dalla frontiera. L'Onu aveva anche inviato una missione nell'area per ricostruire quanto accaduto, ma Asmara non ha mai autorizzato l'accesso nel Paese. Dal canto suo, l'ambasciatore dell'Eritrea presso l'ONU, Araya Desta, ha assicurato che non ci sono nuovi elementi dopo il "breve incidente di giugno", ma ha tenuto ha precisare che l'episodio era stato istigato da un "attacco ingiustificato dell'esercito del Gibuti ai danni di quello eritreo dislocato entro i confini del proprio territorio nazionale". Ad ogni modo, il diplomatico ha detto che l'Eritrea desidera "ristabilire e coltivare relazioni di buon vicinato con Gibuti sulla base del rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale" senza lasciarsi coinvolgere in "un conflitto creato ad arte". Jean-Maurice Ripert, ambasciatore francese all'ONU ha invitato le autorità eritree a riconoscere la crisi e ad avviare un dialogo ed ha richiamato il Consiglio a "non perdere di vista l'essenziale, ovvero gli scontri mortali, di cui l'Eritrea è responsabile" che si sono verificati lo scorso giugno a Ras Dumera, zona strategica alle porte del Mar Rosso già teatro di scontri nel 1996 e nel 1999. Ripert ha proposto la Francia come mediatore per delle "rapide consultazioni bilaterali" che portino poi alla presentazione al Consiglio di un progetto di testo che condanni l'Eritrea nel caso in cui questa continuasse a rifiutare ogni dialogo. Il suo omologo statunitense ha domandato invece al Segretario generale dell'ONU, di inviare subito un inviato di alto livello nella regione: secondo Khalilzad "all'Eritrea dovrebbe essere indicata una scadenza chiara per accettare l'assistenza dell'Onu, dell'Unione africana o di qualsiasi altro Stato, organizzazione o organismo accettato da entrambe le parti per arrivare a una soluzione pacifica della crisi". FRANCESCA COLASANTI

Immigrazione: da maggio 1117 minori arrivati da soli in Italia

Sono numeri su cui riflettere quelli che arrivano da Save the Children sull'immigrazione dei minori: da maggio a settembre di quest'anno, 1117 minorenni sono arrivati in Sicilia senza nessun accompagnatore. I piccoli migranti arrivano principalmente da aree di crisi come Somalia, Eritrea, Nigeria, Egitto, Palestina, Tunisia e Ghana ed hanno un'età media tra i 16 ed i 17 anni. Per quanto riguarda la suddivisione per genere l'89 per cento dei giovani sono ragazzi, l'11 ragazze. Dei 1117 minorenni arrivati in Sicilia ben 1095 arrivano da Lampedusa dove sono sbarcati senza nessuno al seguito. L'organizzazione non governativa ha poi dato altri numeri preoccupanti: 333 giovani migranti sono scappati dalle strutture di accoglienza mentre solo per 181 è stato nominato un tutore responsabile. Di fronte a questo scenario Save the Children Italia, come sottolineato dal direttore generale Valerio Neri, «sta cercando di contribuire al miglioramento dell'accoglienza supportando le comunità con un'equipe formata da un mediatore culturale, un consulente legale e un operatore sociale». Inoltre l'organizzazione non governativa punta l'indice contro la carenza strutturale dei centri di accoglienza: «Per legge una comunità alloggio non dovrebbe ospitare più di 10 minori, mentre spesso ne accoglie una cinquantina» ha detto Neri. Un sovraffollamento che non consente di seguire adeguatamente i ragazzi. Senza contare poi che solo un terzo delle comunità dispone di educatori in grado di parlare una lingua straniera. Situazione altrettanto critica per quanto riguarda i progetti di inserimento lavorativo: «Solo il 21 per cento delle comunità ha approntato percorsi di inserimento lavorativo, e solo il 36 per cento si avvale di corsi di formazione per i minori», dicono dall'organizzazione. Pubblicato dall'Unità.it del 29.10.2008