venerdì 20 marzo 2009

«Non aver paura apriti agli altri», la campagna contro la banalità del razzismo

di Ella baffoni «Io non sono razzista, ma...». È il biglietto da visita del razzismo, esplicito o strisciante, che negli ultimi anni sta prendendo forza. Laura Boldrini punta il dito sulla politica («che in questi anni ha coniugato sicurezza e immigrazione, scorrettamente trascurando i molti aspetti positivi dei lavoratori immigrati tra noi») e su giornali e tv «che non ci hanno aiutato a capire, che danno larghissimo spazio alla devianza, alla criminalità, al susseguirsi di sbarchi di migranti senza spiegare da cosa fuggono. Un’informazione che troppo spesso non ci aiuta a capire». Basta, bisogna dare un segnale. Di qui nasce la campagna «Non aver paura, apriti agli altri» lanciata da ventisei organizzazioni. Oltre al Commissariato Onu per i rifugiati, Amnesty international, Antigone, Arci, Asgi, Acli. Cgil, Caritas, Emmaus, Chiese evangeliche, Federazione Rom e Sinti, Libera, Save the children, Sei-Ugl e molte altre organizzeranno iniziative, raccoglieranno firme, porteranno un messaggio di integrazione e rispetto per l’altro, favoriranno la conoscenza e il dialogo. Perché, spiega Moni Ovadia, molti pensano di essere più uguali di altri, di avere più diritti degli altri, «e invece c’è un solo uomo sula terra, l’altro è l’altra faccia di noi stessi». Ecco dunque il fantasmino che sorride, simbolo della campagna. Nato, racconta l’undicenne Sami Cirpaciu, «perché quando dai campi siamo andati nelle tende e poi a casa, mi hanno chiesto le mie paure. Io ho fatto uno spauracchio che fa paura ai fantasmini...». Poche parole, un’esperienza durissima: il campo rom a Settimo Torinese va a fuoco, il ricovero di fortuna, poi l’esperimento di autocostruzione, e il fantasmino può finalmente sorridere. Anche negli adesivi, nelle spillette, nei manifesti, sul sito web. E nello spot: è il sorriso di Sami che apre la gabbia che rinchiude l’italiana (Francesca Reggiani) che «non è razzista ma...», il napoletano (Lello Arena) che punta il dito sugli arabi, l’araba (Cumba Sall) che se la prende con gli africani, l’africano (Salvatore Marino) che trova il capro espiatorio finale, lo zingaro, il piccolo Sami (GUARDA IL VIDEO). L’esclusione è un’esperienza viva per un calabrese immigrato a Torino, dice il regista dello spot, Mimmo Calopresti, «tutti possono trovare qualcuno con cui prendersela. Ma se ci apriamo, lavoriamo a migliorare noi stessi, migliora il mondo». «Il pregiudizio è una scorciatoia - dice Lello Arena - tutti dovrebbero fare l’esperienza di essere minoranza». «E allora non verrebbe a nessuno l’idea orripilante delle scuole differenziali per chi non sa l’italiano - s’indigna Salvatore Marino, padre siciliano e madre eritrea - come l’imparano l’italiano se nessuno lo sa?». A raccontare la banalità del razzismo è Ribca, franco-eritrea ma romana da vent’anni. Appena arrivata, racconta, davanti a un tentativo di discriminazione un intero autobus è insorto, facendo scendere la donna che l’insultava. Tre anni fa, racconta un giornalista del Tg2, che scortesemente le dava del tu, le ha chiesto: da dove vieni? «Da Roma, ho risposto, nun se sente? E lui: si sente, ma non si vede. Ecco, è grave che un giornalista, che una persona parli così». È gravissimo: una gabbia che bisogna rompere, tutti insieme.

Nessun commento: