mercoledì 29 aprile 2009

Terroristi lasciano il confine afgano per raggiungere l'Africa

Usa temono nuovo Afghanistan in Somalia, esperti: difficile Washington, 28 apr. (Apcom) - La Somalia rischia di diventare il nuovo Afghanistan. Lo sostengono funzionari dell'esercito e dell'anti-terrorismo Usa, secondo cui diversi terroristi attivi fino ad oggi nelle regioni tribali al confine tra Pakistan e Afghanistan si stanno trasferendo nell'Africa orientale. Tuttavia, precisano le fonti, i movimenti degli esponenti di al Qaida non significano che l'organizzazione stia abbandonando la regione pachistana; al contrario, invece, indicano una crescita di influenza da parte di al Qaida e l'avvio di una campagna per favorire gli arruolamenti in una regione dove già si contano numerosi militanti. Fino ad oggi sono circa 20 o 30 i combattenti stranieri che hanno abbandonato la regione tribale asiatica per trasferirsi nel Corno D'Africa. Tuttavia, gli attentati del 1998 contro le Ambasciate Usa in Kenya e in Tanzania vennero messi in atto da una piccola cellula terroristica. A preoccupare, infatti, non è tanto il numero dei terroristi in arrivo in Africa, quanto piuttosto il bagaglio di esperienze acquisito sul fronte afgano-pachistano che viene trasferito nel continente. "C'è un livello di attività che preoccupa, inquieta", ha detto all'Associated Press il generale Usa William 'Kip' Ward, capo del Comando Usa per l'Africa (Africom). "Quando hai a disposizione questi spazi, che sono senza governo, riesci ad avere un rifugio sicuro per le attività di sostegno e per quello di addestramento". I funzionari Usa stanno già monitorando fazioni estremiste che condividono informazioni e tecniche in Africa orientale. Lo scorso marzo, Osama bin Laden ha diffuso un messaggio in cui ha esortato i "campioni della Somalia" a "rovesciare" il presidente Sharif Ahmed, il leader islamico moderato eletto a fine gennaio alla guida del Paese, e a sostenere i loro "fratelli" jihadisti in Afghanistan, Pakistan, Palestina e Iraq. Negli ultimi mesi, i miliziani attivi nella regione hanno anche fatto ricorso a sofisticate tecniche terroristiche già usate da al Qaida, come nel caso degli attentati suicidi multipli messi a segno lo scorso ottobre nelle regioni somale del Somaliland e del Puntland. In passato, precisano le fonti Usa, i musulmani africani disapprovavano gli attacchi suicidi. L'arrivo dei combattenti stranieri nell'Africa orientale complica inoltre una situazione già di forte instabilità della regione, che vede in primo piano i miliziani somali al Shabab (giovani, ndr) e un piccolo gruppo di estremisti noto con l'acronimo Eeaq. Sebbene non sia considerato una cellula di al Qaida, Eeaq ha legami con i principali leader dell'organizzazione terroristica e venne coinvolta negli attentati del 1998, costati la vita a 225 persone. Le autorità Usa ricercano per questi attentati Fazul Abdullah Mohammed e diversi altri membri dell'Eeaq: sulla testa Mohammed è stata messa una taglia da 5 milioni di dollari. Al Qaida ha le capacità e gli Shabab hanno la manodopera, ha sottolineato un alto ufficiale dell'esercito Usa attivo nella regione. Eeaq dispone invece di una piccola cellula di poche decine di uomini che raramente dormono nello stesso posto due notti di seguito e che sono capaci di allestire campi di addestramento temporanei, smontabili in pochi giorni. Quello che preoccupa i vertici militari Usa, sottolinea l'ufficiale, è una possibile fusione tra Eeaq e Shabab per le attività di addestramento e le operazioni, che potrebbe far arrivare al Qaida anche tra le migliaia di miliziani somali oggi organizzati su basi prevalentemente claniche e impegnati finora in questioni interne. Lo scenario potrebbe diventare ancora più preoccupante se i combattenti stranieri insegnassero nei campi di addestramento africani le tecniche per fabbricare ordigni e le loro tattiche di guerriglia. Tuttavia, esperti africani sostengono che non sarà facile per gli estremisti islamici riuscire a fare adepti nel Corno d'Africa. Secondo il direttore del Dipartimento Africa dell'International Crisis Group, Francois Grignon, la maggior parte dei somali, divisi in clan, praticano un islam più moderato e gli stessi miliziani non si uniscono a lotte che non li riguardi direttamente. Gli Stati Uniti, ha aggiunto, dovrebbero sostenere le iniziative adottate dal nuovo governo somalo per fronteggiare la crescente minaccia terroristica e marginalizzare i jihadisti, in modo da impedire ogni loro attività nel Paese. Il comandante di Africom, Ward, ha riferito di attività di cooperazione avviate dagli Usa con diversi Paesi africani per favorire la creazione di forze di sicurezza nazionali, sottolineando però le difficoltà incontrate a fare altrettanto in Somalia, dove il governo è ancora molto fragile. Nel frattempo, ha aggiunto, le forze americane continueranno a vigilare sui gruppi estremisti. "Credo che rappresentino tutti una minaccia - ha detto - al momento sono chiaramente una minaccia per gli africani, ma nell'attuale società globalizzata questa minaccia può essere esportata ovunque con molta facilità".

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