giovedì 22 ottobre 2009

Respingimenti in mare: la comunità eritrea di Tripoli scrive a papa Benedetto XVI per fermare i respingimenti.

In una lettera consegnata al cardinale Renato Raffaele Martino gli eritrei chiedono aiuto “per fermare le nuove politiche di respingimento”. La lettera è stata resa nota dall'osservatorio Fortress Europe. Gli eritrei in Libia chiedono l'intervento di papa Benedetto XVI per fermare la politica dei respingimenti. Attraverso una lettera, consegnata lo scorso primo settembre al cardinal Renato Raffaele Martino presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace in una celebrazione alla Chiesa di San Francesco a Tripoli, la comunità ha chiesto aiuto al Pontefice. A darne notizia è il sito dell’osservatorio sulle vittime dell’emigrazione Fortress Europe che ha ricevuto il testo della missiva dalla comunità eritrea di Tripoli e l'ha resa pubblica dopo la conferma del vescovo di Tripoli, Giovanni Martinelli. Nella lettera si chiede alla Chiesa di "criticare le nuove politiche di respingimento” alla luce della situazione in Libia. Di seguito i passi salienti della lettera: “Caro Papa, il nuovo accordo tra Roma e Tripoli sta mettendo in pericolo rifugiati politici e emigranti economici. La nuova politica di Berlusconi di respingere i richiedenti asilo intercettati in acque internazionali sta chiaramente alterando il dovere dell’Italia di rispettare gli obblighi internazionali, inclusa la Convenzione di Ginevra del 1951 e i protocolli dell’ultimo decennio. Non viene fatta nessuna analisi delle richieste d’asilo e i rifugiati politici vengono respinti in un paese che mette in pericolo la loro vita e la loro libertà. Come risultato di ciò, centinaia di richiedenti asilo eritrei sono stati respinti in Libia e si trovano ancora in centri di detenzione. Ad agosto, circa 80 eritrei sono stati abbandonati in mare per 22 giorni, senza ricevere soccorsi, e solo 5 sono sopravvissuti fino a quando una motovedetta italiana li ha portati in Sicilia. Vorremmo esprimere la nostra rabbia alle autorità europee per aver chiuso i loro occhi di fronte alla vista di un gommone di 12 metri con a bordo 80 immigrati che volevano solo chiedere asilo politico in Italia. Parlando in modo chiaro, le nuove politiche di respingimento non fermano i richiedenti asilo nel loro intento di attraversare il mare, ma piuttosto mettono in pericolo le loro vite. Eppure ci sono sempre più fattori che spingono gli immigrati a affrontare il mare e a mettere a repentaglio le proprie vite. La situazione a Tripoli è oltre ogni limite, c’è un isolamento intollerabile, dovuto al colore della pelle, alla religione e alla nazionalità. L’incapacità dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) di provvedere a una veloce e effettiva procedura di asilo fa sì che gli immigrati si disperino e non vedano futuro in questo paese. Inoltre la Libia si trova al di fuori del territorio sotto il mandato dell’Acnur, non avendo mai firmato la Convenzione sui rifugiati. Motivo per cui il possesso dell’attestato dell’Acnur non garantisce ai rifugiati il diritto di residenza in Libia, per cui preferiscono comunque lasciare la Libia attraverso la pericolosa via del mare, diretti in un paese dove possano ottenere asilo. La nuova politica di respingimenti non ferma il numero delle traversate, ma lascia i rifugiati in pericolo. Pertanto, credendo nel potere della Chiesa di criticare le nuove politiche di respingimento del governo Berlusconi, pieni di speranza trasmettiamo questo messaggio agli uffici papali”. (Red.)

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