giovedì 22 ottobre 2009

Vita da reporter in Africa e non solo

Il Corno d’Africa è stato ancora una volta la regione del continente con le maggiori violazioni della libertà di stampa. L’Eritrea – che non tollera i media indipendenti, tanto che ad oggi 30 giornalisti sono ancora in carcere – è un Paese dove la repressione della stampa è la più dura del mondo. La Somalia si sta pian piano svuotando di giornalisti, anche con omicidi mirati: sei reporter sono stati uccisi tra il 1 gennaio e il 4 luglio di quest’anno. Le crisi politiche, le pressioni di alcune nazioni occidentali, corruzioni e insanabilità infieriscono notevolmente sullo svolgimento della professione libera e indipendente. In Madagascar sono crollati addirittura 40 posti. La censura è un’arma potentissima per i despoti nella penisola del Corno in Africa, le ingiurie e gli attacchi contro i media locali servono a denigrare il loro lavoro e la disinformazione della popolazione si aggiunge a tutto il resto. In Guinea poco tempo fa è avvenuto un copioso spargimento di sangue nella capitale Conakry. Qui il terribile bilancio è salito a 157 morti e 1.200 feriti durante una manifestazione all’interno dello stadio. In Guinea-Bissau i recenti omicidi hanno causato la sospensione temporanea di alcuni mezzi di comunicazione e numerosi giornalisti sono stati costretti a scappare. In Nigeria e nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) i reporter sono attaccati continuamente, vengono picchiati e arrestati arbitrariamente. Sono state denunciate violenze e soprusi anche nei confronti di alcuni di loro in occasione delle elezioni presidenziali. Ai tanti esempi di violenza sono da aggiungere anche gli assassini di due corrispondenti radiofonici a Bukavu, la capitale della provincia orientale della RDC. Il Rwanda ha sospeso temporaneamente il lavoro dei mezzi di informazione locali e internazionali, cosicché un cronista o un redattore che violano la legge possono essere puniti con una condanna ad anni di detenzione. In Zimbabwe la giornalista Jestina Mukoko è stata rinchiusa in cella per molte settimane. Sembrano essere le regole di un gioco assurdo. Se sei un giornalista, e intendi scoprire la verità, devi aver appreso sin dall’inizio che rischi seriamente la vita, la detenzione, le ingiurie o qualsiasi altro tipo di violenza (fisica, psicologica, economica). La paura della morte porta al silenzio e il silenzio porta alla regressione. Fortunatamente il giornale Periodico Italiano mi dà la possibilità di scrivere le mie verità senza nessun intralcio. Ma è fuori dalla redazione, nel mondo che ci circonda, che troviamo difficoltà, minacce e silenzi. Ma non per questo dobbiamo arrenderci. La libertà si paga a caro prezzo e non solo in Africa. Onori Andrea

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