martedì 15 gennaio 2013

DALLA NUOVA LEGISLATURA CI ASPETTIAMO UNA SVOLTA NEL DIRITTO D’ASILO.


Roma 14 gennaio 2013

COMUNICATO STAMPA

CIR: DALLA NUOVA LEGISLATURA CI ASPETTIAMO UNA SVOLTA NEL DIRITTO D’ASILO.

Il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) appoggia l’appello dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati per l’inclusione del tema dell’asilo nelle agende di tutte le forze politiche.

“E’ evidente che il tema dell’asilo debba ormai essere trattato in Italia e riorganizzato in modo strutturale. Deve essere superata una gestione emergenziale che nel corso degli anni ha contribuito a sperperare risorse pubbliche e rendere l’integrazione dei rifugiati sempre più complessa. Sono migliaia le persone che non possono tornare nei loro paesi e sono costrette in Italia a vivere in condizioni non dignitose: in stabili occupati senza alcun sostegno verso l’integrazione”, dichiara Christopher Hein “Speriamo che con la prossima legislatura si raggiungano 2 obiettivi: l’elaborazione di una legge organica sull'asilo che finalmente dia corpo all'articolo 10 della costituzione e l’introduzione di un programma nazionale di integrazione per i rifugiati. Come CIR siamo convinti che allo Stato Italiano una procedura d’asilo più snella, tempi più brevi per tutti gli iter burocratici e di conseguenza una durata più breve dell’accoglienza porterebbe a un’economia di spesa che potrebbe essere investita proprio per sviluppare un programma di integrazione. Infine dobbiamo citare una notizia di oggi: anche quest’anno, contrariamente alla legge, il fondo dell’8 per mille a diretta gestione statale dedicato all'integrazione dei rifugiati e al ricongiungimento familiare, uno dei pochi fondi nazionali disponibili su questo tema, è stato cancellato e dedicato ad altri scopi. E’ la prova evidente che non si può aspettare oltre l’introduzione di un programma nazionale di integrazione che renda quelle che oggi sono possibilità e colpi di fortuna per pochi rifugiati presenti in Italia, diritti per tutti. Anche perché la presenza numerica assolutamente esigua di rifugiati nel nostro permetterebbe risposte articolate e investimenti reali. Non dobbiamo infatti dimenticare che i rifugiati si trovano per l’80%  nel Sud del Mondo, da noi ne arrivano numeri veramente ridotti. In Italia i rifugiati sono solo 58.000 al 1milione e 700 mila presenti in Pakistan o ai 571.000 circa presenti in Germania, secondo i dati UNHCR” conclude Christopher Hein.

L’integrazione dei rifugiati una fotografia
Il CIR ha recentemente pubblicato la ricerca Le Strade dell’Integrazione, finanziata dal Ministero dell’Interno - Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione e dall’Unione Europea, nell’ambito del Fondo Europeo per i Rifugiati, che ha analizzato l’impatto che i percorsi di accoglienza e i servizi per l’integrazione hanno avuto sulle capacità, sulle opportunità e le realtà di autonomia, di inserimento socio-economico e di integrazione di un target di persone in protezione internazionale, presenti in Italia da almeno 3 anni. Nello studio, che si è sviluppato su 7 territori (Torino, Bologna, Roma, Caserta, Lecce, Badolato e Catania), si sono raccolti 222 questionari rivolti a rifugiati e titolari di protezione sussidiaria  presenti in Italia da almeno tre anni , 92 interviste in profondità e fatti 7 focus group.

I dati emersi dalla ricerca presentano una fotografia certamente non confortante sul livello di integrazione dei rifugiati nel nostro Paese. Dobbiamo ricordare che i dati quantitativi e le interviste qualitative si riferiscono a un campione statistico limitato, ma  secondo il CIR e il gruppo di lavoro, rappresentativo di una realtà più ampia. 

Dall'analisi quantitativa, i cui dati trovano un riscontro anche nelle storie raccolte attraverso le interviste qualitative, emerge che per quanto riguarda il lavoro il 44,6% degli intervistati è disoccupato. Altro dato indicativo è che le occupazioni sono molto spesso non in linea con quella che è la pregressa esperienza personale dei rifugiati: tra i 18 laureati che hanno risposto al questionario, c’è chi fa il bracciante agricolo, chi il custode, chi distribuisce giornali, chi è muratore alcuni fanno anche gli interpreti o i mediatori. Solo uno ha un’attività in linea con la sua professione, il pediatra. Al di là del titolo di studio il 17% è operaio non specializzato, e un altro 40% del campione lavora nel settore delle pulizie, dell’assistenza domestica, dell’agricoltura, della ristorazione o del commercio. Il 75%  si dice soddisfatto del lavoro che svolge, ma con motivazioni che fanno riflettere: “perché mi consente di vivere” (27%), “perché non c’è altro” (18%), “perché mi permette di mantenere la famiglia” (16%), “perché mi permette una vita dignitosa” (9%). Ben il 22% degli intervistati lavora in nero.

Per quanto riguarda la condizione alloggiatava  il 26% condivide casa con degli amici, il 22% con altre persone, solo il 10% vive da solo e il 21.5% con il proprio nucleo familiare. Il 18% in altre condizioni: occupazioni, presso il datore di lavoro, in centri di accoglienza. Una percentuale rilevante di rifugiati, sebbene in Italia da più di 3 anni, non ha una situazione abitativa autonoma e dignitosa. Pochi quelli che sono soddisfatti della loro condizione abitativa: ben il 50% non risponde o non è soddisfatto della propria condizione abitativa. Perché? Vivono in case sporche, senza riscaldamento e in diversi casi senza acqua. Un ulteriore dato preoccupante è che sulle 222 persone che hanno risposto al questionario solo 60 hanno dichiarato di aver trascorso del tempo in uno SPRAR (27%) e 69 in un CARA (31,1%). Ovvero solo il 58% dichiara di aver trascorso un periodo nel circuito dell’accoglienza.

Ulteriori informazioni
UFFICIO STAMPA CIR  
Valeria Carlini
tel. + 39 06 69200114 int. 216 
+39 335 17 58 435
E-mail: carlini@cir-onlus.org  
Sito www.cir-onlus.org   

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