mercoledì 9 luglio 2014

L’ultima tragedia al largo delle coste libiche fa ULTERIORMENTE aumentare il numero di morti nel Mediterraneo

UNHCR

Briefing bisettimanale alla stampa

08 luglio 2014

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- L’ultima tragedia al largo delle coste libiche fa ULTERIORMENTE aumentare il numero di morti nel Mediterraneo
Una madre siriana e i suoi due figli (di  tre e i sei anni) sono tra le ultime persone ad aver perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo dalla Libia.
Lunedì 7 luglio la guardia costiera libica ha informato l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) di aver recuperato 12 corpi da una barca che aveva subito un incidente, avvenuto probabilmente domenica 6 luglio. Tra le vittime si contano tre siriani, tre cittadini eritrei e altri sei africani di nazionalità ancora da determinare. Si ritiene che l’imbarcazione, che aveva una capienza di circa 200 persone e che però probabilmente ne portava molte di più, si sia capovolta al largo delle coste di Tripoli. Le operazioni di ricerca e soccorso sono ancora in corso e la sorte delle altre persone che potevano essere a bordo della nave è tuttora sconosciuta.
Con questa ultima tragedia si stima che dall’inizio del 2014 circa 217 persone siano annegate al largo della coste libiche nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Queste vittime vanno ad aggiungersi ad almeno altre 290 persone morte o disperse a causa di incidenti in barca nelle acque al largo dell'Italia, della Turchia e della Grecia. Il bilancio dei morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno è di 500 persone.
L'UNHCR esprime soddisfazione per le operazioni di ricerca e soccorso realizzate dalle autorità governative, ma richiede che tali operazioni vengano ulteriormente rafforzate, in particolare nelle zone ad alta concentrazione di attraversamenti in barca. L’Agenzia sta anche sollecitando gli Stati in tutto il mondo affinché individuino alternative legali ai pericolosi viaggi in mare, come ad esempio l’incremento dei ricongiungimenti familiari, procedure per il reinsediamento piu’ veloci e ammissioni umanitarie. I governi sono inoltre invitati a evitare misure punitive o deterrenti, tra cui la detenzione di persone in cerca di sicurezza.
I funzionari dell’UNHCR di Tripoli e Bengasi hanno registrato quasi 37.000 richiedenti asilo e rifugiati; tra di essi, i siriani costituiscono il gruppo più numeroso (18.655), seguiti da eritrei (4.673), somali (2.380) e iracheni (3.105). Tuttavia non tutti i richiedenti asilo sono registrati. Molti richiedenti asilo vivono in condizioni precarie, in sistemazioni sovraffollate con scarso accesso legale al lavoro, e sono stati colpiti dai disordini attualmente in corso in Libia, che li hanno costretti a spostarsi ulteriormente.
 
- Thailandia: l’UNHCR condanna la deportazione di un rifugiato del Laos
L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) esprime disappunto per la deportazione dalla Thailandia nella Repubblica democratica popolare del Laos di un rifugiato riconosciuto dall'UNHCR; nel Laos il rifugiato potrebbe subire maltrattamenti equivalenti a persecuzione.
Secondo le informazioni confermate questa settimana da parte delle autorità tailandesi, la deportazione di questo ex leader Hmong laotiano ha avuto luogo il 13 giugno.
Sin da quando era stato posto in arresto nel marzo 2013, l'UNHCR aveva esortato il governo reale tailandese a non rimpatriarlo. Considerato il suo alto profilo, l'UNHCR esprime grave preoccupazione per i rischi in cui incorrerà ora che è stato rimandato in Laos.
La deportazione viola il principio di non-refoulement, ovvero il divieto di praticare ritorni forzati, sancito dal diritto internazionale consuetudinario. Questo principio è vincolante per tutti gli Stati e impedisce di inviare un rifugiato in un paese dove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate. Il ritorno di una persona in un paese in cui potrebbe incorrere nel rischio di tortura è vietato anche ai sensi della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, di cui la Thailandia è firmataria.
L'UNHCR si appella alle autorità tailandesi affinché tengano fede alle proprie responsabilità ai sensi del diritto internazionale e garantiscano il pieno rispetto dei diritti delle persone bisognose di protezione internazionale.
La Thailandia continua a ospitare generosamente più di 128.000 rifugiati e richiedenti asilo che vivono per la grande maggioranza all’interno di nove rifugi temporanei/campi lungo il confine con il Myanmar.

 
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